Giulio Lepschy , noto strutturalista , ha definito il linguaggio come un "fenomeno sociale" , con chiaro riferiment...
Giulio Lepschy, noto strutturalista, ha definito il linguaggio come un "fenomeno sociale", con chiaro riferimento non tanto alla capacità che noi tutti abbiamo di apprendere la lingua - il termine "linguaggio" significa proprio questo -, quanto alla possibilità che il nostro idioma cambi non solo nel tempo, ma anche, e soprattutto, nello spazio: un concetto che potremmo esprimere anche con le parole di Edward Sapir, etnologo e linguista statunintense forte assertore della cosiddetta "deriva linguistica", con la quale intende una lenta trasformazione della lingua in modo libero e incontrollato.
Alla base del linguaggio come fenomeno sociale, insomma, c'è il cambiamento, e questo riguarda non soltanto il tempo e lo spazio, ma anche altre due variabili: è chiaro che il mio registro linguistico, per esempio, cambierà a seconda se sto interagendo con un professore universitario oppure con un amico; così come pare abbastanza evidente che la lingua scritta è piuttosto diversa da quella parlata (caratterizzata, in linea di massima, da più rilassatezza e meno controllo). Per un approfondimento sul cambiamento linguistico vi rimando a un intervento sulle pagine del blog Sul Romanzo Le svolte dell’italiano neostandard: un democratico «connubio» tra due mondi non più lontani.
Che l'italiano, nel nostro caso, sia sottoposto a modifiche continue e inconsapevoli - i parlanti non si accordano per il cambiamento; eppure, ne sono i principali protagonisti - dipende dal fatto che la lingua non è un sistema morto e che molti processi linguistici - considerate, per esempio, il sistema pronominale ("le" che spesso viene sostituito da "gli") - sono ancora in fase di assestamento. Non tutti i cambiamenti, ovviamente, sono accettabili: il già citato "gli", per esempio, può essere utilizzato in sostituzione a "loro" ma non a "le".
Le lingue, insomma, sono soggette all'uso che l'uomo ne fa; veniamo, allora, alle quattro variabili del titolo: la "diafasica", la "diamesica", la "diastratica" e la "diatopica".
Variabile diafasica e contesto comunicativo
Se scrivo per e in un blog, non potrò mai impostare il discorso nel modo in cui lo imposterei per i lettori di un libro destinato alla lettura di accademici esperti. Questo perché cambia il target: i lettori potenziali di una tale realtà (virtuale) sono molto più eterogenei e diversificati, rispetto a quelli di un libro accademico. Potrebbe voler leggere questo blog, per esempio, anche uno studente delle scuole medie, che ha bisogno di dritte, consigli, suggerimenti chiari e intuitivi (per il quale già parlare di "fenomeno sociale" risulta piuttosto difficoltoso); una matricola universitaria dovrebbe essere in grado, invece, di andare oltre; di affrontare, cioè, testi di difficile comprensione.
Se scrivo per e in un blog, non potrò mai impostare il discorso nel modo in cui lo imposterei per i lettori di un libro destinato alla lettura di accademici esperti. Questo perché cambia il target: i lettori potenziali di una tale realtà (virtuale) sono molto più eterogenei e diversificati, rispetto a quelli di un libro accademico. Potrebbe voler leggere questo blog, per esempio, anche uno studente delle scuole medie, che ha bisogno di dritte, consigli, suggerimenti chiari e intuitivi (per il quale già parlare di "fenomeno sociale" risulta piuttosto difficoltoso); una matricola universitaria dovrebbe essere in grado, invece, di andare oltre; di affrontare, cioè, testi di difficile comprensione.
Questa premessa è necessaria per rendere chiara la prima variabile, quella diafasica, in base alla quale la lingua cambia a seconda della situazione comunicativa, del contesto entro il quale il messaggio è inserito. È proprio sulla base di questi fattori che possiamo parlare di registri formali (il libro accademico; una conversazione con un professore o con un estraneo e così via) e informali (il blog; una chiacchierata tra amici e via dicendo); linguaggio informatico, della linguistica, della scienza (i cosiddetti "linguaggi settoriali").
Variabile diamesica e mezzo di trasmissione
Anche il mezzo fisico di trasmissione influenza la lingua. Lo scritto, per esempio, è generalmente più curato del parlato; solo generalmente perché può succedere anche l'esatto contrario (e qui entrano in ballo la variabile diafasica): un SMS (scritto) a un amico sarà sicuramente meno controllato di un colloquio (parlato) con il proprio potenziale datore di lavoro. Il discorso, indipendentemente da queste riflessioni, dovrebbe essere chiaro: mezzi di trasmissione diversi delineano una variabile diamesica che permette di distinguere tra "parlato", "scritto", "radiotrasmesso", "teletrasmesso" (e anche "blogtrasmesso", se volessimo coniare un neologismo apposito per una realtà difficilmente definibile come quella virtuale), ognuno con stili evidentemente differenti.
Anche il mezzo fisico di trasmissione influenza la lingua. Lo scritto, per esempio, è generalmente più curato del parlato; solo generalmente perché può succedere anche l'esatto contrario (e qui entrano in ballo la variabile diafasica): un SMS (scritto) a un amico sarà sicuramente meno controllato di un colloquio (parlato) con il proprio potenziale datore di lavoro. Il discorso, indipendentemente da queste riflessioni, dovrebbe essere chiaro: mezzi di trasmissione diversi delineano una variabile diamesica che permette di distinguere tra "parlato", "scritto", "radiotrasmesso", "teletrasmesso" (e anche "blogtrasmesso", se volessimo coniare un neologismo apposito per una realtà difficilmente definibile come quella virtuale), ognuno con stili evidentemente differenti.
Variabile diastratica e stratificazione sociale
Per la variabile diastratica bisogna partire da un presupposto: non tutti parlano allo stesso modo la stessa lingua. Un anziano del dopoguerra conoscerà , per esempio, soltanto il dialetto; uno studente universitario avrà - dovrebbe avere, perlomeno - dimestichezza anche con i diversi livelli della lingua italiana (non soltanto il parlato colloquiale, ma anche quello più elevato). Ancor più complessa sarà la competenza linguistica di uno studente universitario cresciuto in mezzo ai campi e a conoscenza, quindi, di un dialetto che definiamo "locale". Ognuno di noi, insomma, ha un suo modo particolare di esprirmersi e dovrebbe poterlo cambiare, a seconda delle circostanze. Le differenze dipendono dalla formazione che si ha alle spalle, influenzata dallo status sociale, dalla professione, dal grado di istruzione e anche dall'appartenenza a un particolare gruppo della società (che influenza, quasi sempre, la possibilità di proseguire gli studi, e quindi di studiare maggiormente e senza problemi, o meno).
Per la variabile diastratica bisogna partire da un presupposto: non tutti parlano allo stesso modo la stessa lingua. Un anziano del dopoguerra conoscerà , per esempio, soltanto il dialetto; uno studente universitario avrà - dovrebbe avere, perlomeno - dimestichezza anche con i diversi livelli della lingua italiana (non soltanto il parlato colloquiale, ma anche quello più elevato). Ancor più complessa sarà la competenza linguistica di uno studente universitario cresciuto in mezzo ai campi e a conoscenza, quindi, di un dialetto che definiamo "locale". Ognuno di noi, insomma, ha un suo modo particolare di esprirmersi e dovrebbe poterlo cambiare, a seconda delle circostanze. Le differenze dipendono dalla formazione che si ha alle spalle, influenzata dallo status sociale, dalla professione, dal grado di istruzione e anche dall'appartenenza a un particolare gruppo della società (che influenza, quasi sempre, la possibilità di proseguire gli studi, e quindi di studiare maggiormente e senza problemi, o meno).
Variabile diatopica e aree geografiche
Ultima, ma non per questo meno importante, la variabile diatopica. Non è difficile spiegarla: ogni parlante, o scrivente, è influenzato nella sua produzione linguistica dalla provenienza geografica. A livello fonetico, per esempio, è facile distinguere un romano da un veneziano, oppure un napoletano da un siciliano. Le differenze non vanno individuate, ovviamente, soltanto a questo livello. La produzione di romani, veneziani, napoletani, siciliani e via dicendo presenta differenze anche a livello morfologico, sintattico; diversità che riguardano, insomma, tutti i sottosistemi della lingua; un tratto tipico del Meridione, per esempio, è il cosiddetto "accusativo preposizionale".
Ultima, ma non per questo meno importante, la variabile diatopica. Non è difficile spiegarla: ogni parlante, o scrivente, è influenzato nella sua produzione linguistica dalla provenienza geografica. A livello fonetico, per esempio, è facile distinguere un romano da un veneziano, oppure un napoletano da un siciliano. Le differenze non vanno individuate, ovviamente, soltanto a questo livello. La produzione di romani, veneziani, napoletani, siciliani e via dicendo presenta differenze anche a livello morfologico, sintattico; diversità che riguardano, insomma, tutti i sottosistemi della lingua; un tratto tipico del Meridione, per esempio, è il cosiddetto "accusativo preposizionale".
Quando qualcuno, quindi, cercherà di correggervi, giustificandosi con i modi più disparati, ma ignorando queste variabili, non lasciatevi intimidire e ricordate che quello che potremmo defnire ironicamente "italiano ultra-standard" è lontano, quasi sempre anni luce, da ciò che l'italiano è oggi.