L'apostrofo e l'accento non sono la stessa cosa e nella lingua italiana , ma non solo, vengono utilizzati per motivi completa...
L'apostrofo e l'accento non sono la stessa cosa e nella lingua italiana, ma non solo, vengono utilizzati per motivi completamente diversi: l'accento va collocato su una vocale che è pronunciata in modo più intenso rispetto a tutte le altre (nella parola "farò", per esempio, sulla -o); il secondo, invece, è obbligatorio nei casi di elisione (“buon’amica” da “buona amica”, ma non *buon'amico); in quelli di troncamento (“bel ragazzo” da *bello ragazzo) è, al contrario, assolutamente scorretto utilizzarlo. Ma cosa sono l’elisione e il troncamento? Partiamo proprio da qui, per arrivare alla differenza tra apostrofo e accento.
- Una vocale non accentata viene elisa quando è finale in una parola che precede un’altra che inizia, a sua volta, per vocale. Per esempio: a di una in un’anatra viene eliminata, poiché: (1) è finale di parola (2) non è accentata (3) precede una parola, "anatra", che inizia per vocale a; altri esempi sono "bell'arma" "all'estero" "d'Italia" e così via. Considerate che in molti dei casi in cui è possibile l'elisione questa non è obbligatoria; potrete dire, per esempio, sia "di Italia" sia "d'Italia" e nessuno potrebbe correggervi (anzi, è preferibile la forma non elisa, visto che le parole, soprattutto nello scritto, tendono ad avere molta autonomia).
- Il troncamento è anche definito “apocope”. Consiste nella caduta di una vocale (apocope vocalica), una consonante o una intera sillaba (apocope sillabica), quando queste sono finali di parola. Per esempio: buon(o) mercato è un caso di apocope vocalica; gran(de) giorno è un caso di apocope sillabica. Come vedete, le parole successive a quella troncata - in questo caso, quindi, "giorno" e "mercato" - non iniziano per vocale, ma per consonante. Procediamo con altri esempi:
(A) L’ape – elisione
(B) Bel ragazzo – apocope sillabica (da “bella”)
(C) San Pietro – apocope sillabica (da “santo”)
(D) Un’ascia – elisione
(E) Dell’erba – elisione
(F) Dall’alba – elisione
Si è detto all'inizio che l’apocope e l’elisione non sono sempre obbligatorie; va da sé che non bisogna rendere il testo illeggibile e, soprattutto, elidere o troncare, quando la grammatica lo richiede. Ci sono dei casi, infatti, in cui la prima va fatta per forza: si tratta di casi tra i quali rientrano anche quelli che vi ho proposto in (B) e (C). Non si può dire, infatti, né *bello ragazzo né *Santo Pietro.
Affrontiamo, ora, una questione piuttosto spinosa, che vi permetterà di analizzare meglio l'argomento: in qual è, l’avverbio qual è stato eliso oppure è stato apocopato? Premesso che ne abbiamo già parlato in modo più sintetico in un precedente post, per rispondere all'interrogativo bisogna partire dall’apocope vocalica: questa consiste nella caduta di una vocale finale di parola e necessita (Luca Serianni, 1997, Le Garzantine Italiano, Torino, Garzanti):
- Anzitutto, del fatto che la vocale colpita non sia una a;
- Che tale vocale sia non accentata;
- Infine, che la consonante che precede la vocale deve essere l, r, m, n.
Torniamo al caso "qual è". La vocale finale di "quale" è una e non accentata; come se non bastasse, è preceduta dalla liquida l. Potrebbe essere benissimo una apocope vocalica, e, in effetti, lo è; proprio per questo, non si apostrofa. Il punto, però, è che, stando a quanto abbiam detto sinora, potrebbe anche essere una elisione, visto che termina per vocale, e necessiterebbe, quindi, dell'apostrofo. Qual è la soluzione?
Italiano. Grammatica, sintassi, dubbi di Luca Serianni è chiarissimo a tal proposito:
”La norma scolastica […] distingue l’apocope vocalica dall’elisione in base al fatto che la prima si produce anche davanti a consonante, la seconda no"
La parola "qual" può presentarsi dinanzi a una consonante? Certamente sì: qual buon vento, qual monte, qual vita etc…
Concludendo: quando, la parola genera in voi qualche dubbio, chiedetevi se è possibile trovarla nella forma apocopata/elisa dinanzi a una consonante; se lo è, allora siete dinanzi a un caso di troncamento e non di elisione.
Per completezza, non può mancare un accenno all'apocope postvocalica; questo è il caso di parole in cui cade la vocale subito successiva a quella accentata. Per esempio: “stai” termina con a e i; quest’ultima segue a, che è accentata. All’imperativo, possiamo trovare forme come “stai zitto!” oppure “sta’ zitto", che necessitano solo e soltanto dell'aposfrofo e mai dell'accento (*stà zitto è sbagliato); stesse considerazioni vanno fatte per le forme imperativali di "dare" "fare" "dire" "andare".
Un po' di esercizio vi renderà tutto molto più chiaro.