Individuare soggetto, predicato e complemento oggetto è uno tra i primi passi che uno studente compie nel mondo dell' analisi logi...
Individuare soggetto, predicato e complemento oggetto è uno tra i primi passi che uno studente compie nel mondo dell'analisi logica: l'inizio non è assolutamente difficile, anche se potrebbe presentare alcune difficoltà non solo pratiche ma anche - e soprattutto - teoriche; qui cercheremo di affrontare gli argomenti in modo semplice ma completo, con un occhio di riguardo ai casi in cui potreste essere tratti in ingannno e sbagliare gli esercizi o la verifica scritta (confondere il soggetto con l'oggetto, per esempio; ma non solo).
Il soggetto è generalmente chi compie o subisce un azione; vale la pena sottolineare "generalmente", perché non sempre è così: in alcuni casi sente particolari emozioni e vive determinati stati d'animo, come nell'esempio che segue; ecco perché sarebbe preferibile definirlo come quella parte del discorso, costituita da una parola o un gruppo di parole, che concorda nel genere e nel numero con il predicato. Questi due esempi vi chiariranno le idee:
- A Paolo piacciono i fiori
- I fiori piacciono a Paolo
Paolo è colui al quale piacciono i fiori; saremmo portati a dire, perciò, che è lui il soggetto logico della frase; perché, allora, la grammatica normativa classifica "a Paolo" come complemento di termine e non come soggetto? Il motivo è presto detto: il soggetto deve concordare nel genere e nel numero con il verbo (per di più, qui era preceduto da una preposizione, quindi andava scartato a priori) e questo non avviene, perché "piacciono" è plurale e l'unico sintagma nominale flesso al plurale è "i fiori".
Il predicato verbale esprime, invece, l’azione compiuta o subita dal soggetto; il suo stato d’animo o la situazione emotiva che vive; in analisi logica distinguiamo predicato verbale e predicato nominale, sulla cui differenza ci siamo soffermati in un apposito approfondimento; nei seguenti casi è messo in evidenza solo il primo:
- A Paolo piacciono i fiori
- Marco ama Lucia
- Il cane abbaia, ma nessuno gli dà attenzioni
Nella prima frase "piacciono" sta ad indicare che "i fiori" rientrano fra le passioni di "Paolo"; nella seconda frase, che è una proposizione semplice, "amare" non rappresenta un'azione compiuta, ma uno stato d’animo; nella terza, infine, "il cane" compie l’azione di "abbaiare"; quindi, sarà proprio questo il predicato; lo stesso vale per il verbo "dare" della coordinata avversativa (nessuno compie l’azione di "dare attenzioni" al cane). La nozione di predicato, insomma, è più complessa rispetto a quella che in genere viene trasmessa dalla scuola elementare a quella secondaria; anche in questo caso, però, non si tratta di un argomento difficile.
Il complemento oggetto merita molta più attenzione, come abbiamo già visto in un approfondimento: l'oggetto è un complemento diretto – non preceduto, cioè, da preposizione alcuna –, sul quale ricade l’azione compiuta dal soggetto o la conseguenza del suo stato d’animo. Individuarlo è piuttosto semplice: ponetevi le solite domande “chi/che cosa?” dopo aver individuato il verbo; se trovate una parola o un gruppo di parole che può funzionare come risposta, quello sarà proprio il complemento oggetto; procediamo con qualche esempio:
- Paolo ha comprato (che cosa?) i fiori
- Marco ama (chi?) Lucia
- Il cane abbaia, ma nessuno gli dà (che cosa?) attenzioni
Nel terzo caso, il verbo "abbaiare" non regge un complemento oggetto, perché nessuna parola o gruppo di lemmi può fungere da risposta alla domanda "chi/che cosa?"; "attenzioni", invece, è la risposta che funziona con il verbo "dare". Da cosa dipende questa differenza? Dalla transitività del verbo, che abbiamo già approfondito parlando della differenza fra "rimanere" e "lasciare": in sintesi, se il verbo è transitivo – come "dare" – regge il complemento oggetto; se è intransitivo, no.
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