Cardine della filosofia di Leopardi è il pessimismo , che è alla base di tutta la storia dell’umanità e dei suoi cambiamenti, da uno st...
Oggetto della ricerca filosofica leopardiana è l’infelicità umana. La natura, madre buona e pia, ha sempre assicurato all’uomo una felicità illusoria - concetto che è alla base della "teoria delle illusioni" -, in uno stato di ignoranza e benessere. Sfruttando la ragione, però, l'essere umano è riuscito a dissolvere i fantasmi illusori della Natura, scoprendo che dinanzi a sé non ha altro che dolore e malattia. Alla luce di tutto questo, la causa della perdita della felicità , secondo il poeta, è proprio la ragione. Ogni singolo uomo, insomma, nasce spensierato e privo di problemi, per poi approdare all’età dell’arido e alla presa di coscienza di un mondo ripugnante, dove niente ha ragione di vivere e di esistere.
In questa vita straziante, che mai dà reali appagamenti, l’uomo soffre perché è afflitto dalla bramosia di piacere continuo: in lui sorgono bisogni che devono essere saziati e che sono impossibili da soddisfare completamente. Insoddisfazione che è alla base della "teoria del piacere". I bisogni martellano all'interno dell'animo umano e l'uomo è costretto, in un modo o nell'altro, a cercare una soluzione definitiva, che non troverà mai. L’infelicità diventa così una costante della vita.
Anche colui che riesce a soddisfare i suoi bisogni fisici e materiali, infatti, non potrà godere pienamente della sua vita perché sempre lo tormenteranno malattie e l’idea della morte, che dimostra - secondo Giacomo Leopardi - l’insensatezza del vivere umano: il patimento diventa così caratteristica essenziale del percorso dell'uomo. È questa la "teoria del patimento".
C'è un passo in più che lo scrittore fa, un passo che poi è alla base della sua produzione ultima: per resistere alle intemperie, è giusto che ogni uomo si aiuti vicendevolmente con altri suoi simili, in modo tale da trasformare il patimento in cosa comune, globale; in modo tale da renderlo “compassione”. Questa è quella che il poeta chiama “fratellanza”.
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