Dare una definizione di "superuomo" vuol dire cadere inevitabilmente in un errore di fondo, che è intrinseco alla parola ste...
Dare una definizione di "superuomo" vuol dire cadere inevitabilmente in un errore di fondo, che è intrinseco alla parola stessa: pensare a un superuomo significa concepire un essere umano superiore, che abbia qualche qualità che lo elevi al di sopra di chi, a differenza sua, non ha peculiarità rilevanti, esseri infimi che potrebbero, vista la loro condizione di secondi, essere soggiogati, trattati come oggetti. Quante cattive interpretazioni sono nate attorno a questo termine nel corso della storia: ecco perché Gianni Vattimo - filosofo e attento studioso del pensiero di Friedrich Nietzsche - ha detto no al superuomo e sì all'oltreuomo.
Se il superuomo, quindi, dà l’idea di superiorità : fa riferimento, cioè, a un essere umano dotato di qualità migliori e maggiori rispetto agli altri, capace di tenere a bada tutti coloro che sono a lui inferiori; l'oltreuomo, invece, è colui che riesce a superarsi continuamente, abbandonando vecchie maschere e vecchi valori, distruggendo e costruendo, e distruggendo anche le nuove costruzioni, per far posto a delle altre, seguendo così un ciclo senza sosta, sempre nuovo e liberatorio; è l'uomo in grado di sciogliere le briglie alla propria volontà di potenza, la quale vuole sempre e solo sé stessa: solo così - come spiega Nietzsche - si può vivere felicemente danzando e ridendo tra la plebaglia e quelle cose che non fanno più orrore.
Friedrich Nietzsche, quindi, non ha mai sostenuto che “questo uomo” debba sottomettere tutti, anche se alcuni personaggi della storia – come Adolf Hitler – o della nostra letteratura – basti pensare a Gabriele D’Annunzio – hanno “messo in bocca” al filosofo tedesco che non ha mai né scritto né pronunciato. Citiamo un passo tratto dall'aforisma 377 de La gaia scienza, che smonta facilmente la figura di un Nietzsche nazista :
"No, noi non amiamo l'umanità : e d'altro canto siamo ben lontani dall'essere 'tedeschi' abbastanza, nel senso in cui oggi ricorre la parola 'tedesco' nell'uso comune, per metterci dalla parte del nazionalismo e dell'odio di razza".
"No, noi non amiamo l'umanità : e d'altro canto siamo ben lontani dall'essere 'tedeschi' abbastanza, nel senso in cui oggi ricorre la parola 'tedesco' nell'uso comune, per metterci dalla parte del nazionalismo e dell'odio di razza".
Hitler, che ha strumentalizzato per i suoi scopi il pensiero del filosofo di Weimar, interpretandolo banalmente, era convinto che la razza ariana avesse l’obbligo, in quanto razza-suprema, di sbarazzarsi di tutti quelli che non avevano il privilegio di discendere dalla stirpe germanica: le conseguenze di questa sua stolta convinzione sono note a tutti.
Veniamo poi a D’Annunzio, che, ritenendosi un superuomo, credeva di possedere qualità artistiche tali da sentirsi più importante della massa informe, incapace di creare cose di rilievo, formata da uomini tutti uguali e di poco valore. Ha enfatizzato alcuni aspetti del "suo superuomo", a tal punto da discostarsi notevolmente da quello nicciano: ne esalta la volontà di potenza, l’impulso che spinge l’uomo a fare della propria vita un'opera d'arte; l’aspetto dionisiaco, l’immersione nel caos della vita, fatta di piaceri e frivolezze; la sua forza, che diventa espressione di violenza.
Ne Le Vergini delle Rocce, tanto per fare un esempio, il protagonista Claudio Cantelmo vuole accoppiarsi con una donna che abbia, per lui, qualità eccelse; adatta, quindi, a concepire un figlio che avrebbe potuto, un giorno, diventare il re di Roma e capostipite di una razza divina. Ne Il Fuoco, invece, Stelio Effrena riesce ad impadronirsi e ad usare con grande maestria strumenti che gli consento di giungere alla manipolazione della cultura e alla creazione di nuovi modelli di vita, plasmando così, a suo piacimento, l'esistenza delle masse.
L'oltreuomo nicciano non ha niente a che vedere con questi fantocci messi in piedi da Hitler e da D'Annunzio: questo essere nuovo non ha bisogno di creare rapporti di convenienza con gli altri, perché per lui, questa inter-dipendenza, sarebbe solo una grossa debolezza: essere pastore di un gregge - come ci tiene a specificare Nietzsche - significa essere dipendenti dalle pecore che ne fanno parte, perché senza le quali si sentirebbe mancante di qualcosa; ma come abbiamo già detto, l'oltreuomo annichilisce e intesse subito dopo nuovi legame, non provando mai nostalgia per le cose spazzate via in passato: deve essere assolutamente sordo alle preghiere degli dei uccisi.
Essere oltreuomini vuol dire, quindi, semplicemente seguire la propria voce interiore che porta continuamente al superamento delle cose e dei molteplici "sé" o "io", come dir si voglia.