Le figure retoriche hanno dato da torcere filo a chiunque, e tuttora fanno discutere anche i più esperti di lingua e letteratura . Si s...
Le figure retoriche hanno dato da torcere filo a chiunque, e tuttora fanno discutere anche i più esperti di lingua e letteratura. Si sente parlare quasi sempre di metafora, anafora, allitterazione, similitudine, analogia, assonanza e di poche altre, ma pochissimi sanno che ne esistono tantissime, oltre un centinaio a voler essere precisi, ognuna con le sue caratteristiche. Ma cos’è una figura retorica? E di cosa si occupa la retorica? La retorica studia la costruzione di un discorso che non sia soltanto corretto, ma anche, e soprattutto, convincente, ‘strategicamente’ costruito per destare l’interesse di chi ascolta. Le figure retoriche, utilizzate prima solo e soltanto in poesia, finirono per essere utilizzate anche in prosa (il primo ad attuare una strategia linguistica, in tal senso, fu Gorgia, la cui retorica si caratterizzava non solo per la forte ricercatezza stilistica, ma anche per un periodare arricchito da espedienti retorici ricavati dalla poesia).
Volendo essere più tecnici e precisi, diremo che la figura retorica propriamente detta è quella caratterizzata da una parola o un gruppo di parole utilizzate in modo ‘diverso’ da quello standard. Se non è ancora chiaro, sono sicuro che la classificazione di Fontanier (1830) vi renderà tutto molto più semplice. Le figure retoriche sono da lui divise in tropi e non tropi.
Volendo essere più tecnici e precisi, diremo che la figura retorica propriamente detta è quella caratterizzata da una parola o un gruppo di parole utilizzate in modo ‘diverso’ da quello standard. Se non è ancora chiaro, sono sicuro che la classificazione di Fontanier (1830) vi renderà tutto molto più semplice. Le figure retoriche sono da lui divise in tropi e non tropi.
- I primi riguardano la variazione (mutatio), o meglio, lo spostamento del significato di una parola (tropo proprio) o di più parole (tropo improprio) da quello originario. In questa categoria rientrano tre particolari figure retoriche, alle quali è possibile ricondurre tutte le altre: la metafora, la metonimia e la sineddoche. Cerco di spiegarvi l’essenza di questo primo gruppo attraverso degli esempi:
(A) Sei un coniglio!
(B) Non fare la gattamorta…
(C) Hai preso un granchio, mi dispiace
In tutte e tre le frasi c’è uno spostamento sul piano del significato. Coniglio, infatti, sta per codardo; gattamorta sta per seducente; prendere un granchio, invece, per commettere un errore. Semplice, no? Ogni volta che c’è questo tipo di cambiamento, dunque, parlerete di tropi.
- I secondi, invece, riguardano la costruzione particolare di una espressione linguistica (figure di parole) oppure una immagine o una idea che appare nella frase (figure di pensiero). A differenza del primo caso, in questo l’esempio è indispensabile:
(A) Parlava lui, parlava, parlava e parlava, ma nessuno lo ascoltava
(B) Un estate invernale, quella. Bruttissima.
Il primo esempio rappresenta una figura retorica di parole, dove a subire un cambiamento è la struttura della frase (viene ripetuto, infatti, per ben quattro volte il verbo parlava, ripetizione che in contesti standard non sarebbe consentita). Il secondo caso, invece, rappresenta una figura retorica del pensiero, poiché evoca una immagine o una idea, in questo caso attraverso l’accostamento di due termini che richiamano situazioni completamente differenti (è un ossimoro).
La prima lezione può dirsi conclusa, ma c’è molto altro da dire. La prossima volta partiremo proprio da qui, dalla classificazione e dallo studio di figure retoriche particolari.
Se avete bisogno di ulteriori chiarimenti, sono sempre a vostra disposizione.
La foto è tratta da Pixabay.com