Atlantide è un'isola che scomparve improvvisamente inghiottita dall’oceano. Per molti non è mai esistita; altri, invece, affermano i...
Atlantide è un'isola che scomparve improvvisamente inghiottita dall’oceano. Per molti non è mai esistita; altri, invece, affermano il contrario, credendo ai diversi racconti e miti che la riguardano: uno dei più famosi è quello del Crizia di Platone, lo stesso di cui vi parlerò nel corso di queste righe. Il mito di Atlantide mette a confronto due grandi città: Atene e Atlantide, per l'appunto. Un giorno gli dei dell’Olimpo si riunirono per decidere della suddivisione del territorio greco: la Dike (la giustizia divina) assegnò Atene ai due fratelli Efesto, dio-fabbro (che non ha niente a che fare con il Demiurgo del Timeo), e Atena, dea della sapienza. Condivisero lo stesso spazio per via, si pensa, del loro grado di parentela o forse perché avevano gli stessi interessi, cioè l’arte e il sapere. La città si arricchì e la sua fama aumentò grazie al retto agire dei suoi cittadini, che esercitarono tutte le professioni, da quella di artigiano a quella di guerriero, nel migliore dei modi. Non esistevano né la proprietà privata né tutti i problemi ad essa legati.
Atlantide invece fu affidata, grazie al ‘sorteggio divino’, a Poseidone, il signore dei mari. L’isola era formata da una pianura fertilissima: al suo centro si ergeva un monte, sulla cui vetta abitavano Eunone e sua moglie Leucippe, con la figlia Clito, che rimase orfana proprio nell’‘età matrimoniale’, quando, cioè, i genitori erano soliti cedere le proprie figlie ai mariti da loro scelti. Clito, sofferente per la morte del suo papà, spinse a compassione Poseidone, al tal punto che il dio decise di sposarla. Il loro rapporto, però, fu particolare: la figlia di Eunone e Leucippe fu isolata completamente dagli altri uomini; Poseidone, infatti, creò intorno alla vetta dei cerchi concentrici, che si alternavano con distese circolari di terra e anelli di acqua: in questo modo si originò un’isola a sé stante, divisa dalla città.
Poseidone e Clito successivamente decisero di allevare cinque coppie dei gemelli, futuri governatori della città. Quando divennero adulti, il dio del mare divise l’isola in dieci parti, assegnata ognuna a uno dei suoi figli; la chiamò Atlantide, dal nome del suo figlio più vecchio, Atlante. L’isola prosperò magnificamente: giustizia e collaborazione erano le parole d’ordine, che, purtroppo, persero col tempo il loro valore, ed egoismo e corruzione fecero la loro comparsa. Zeus, a quel punto, non poté fare altro che distruggerla, poiché soggiogata dai peggiori ‘mali’ dell’uomo. Finì così la mitica storia di Atlantide, quell’isola che nacque nella prosperità e si inabissò nel mare del male.
Con questo mito Platone volle spiegare l’importanza della Repubblica, che rende realmente prospera ed efficiente in ogni campo una città: gli ateniesi dell’Atene repubblicana agirono guidati dalla virtù, lontani dalla bramosia di ricchezza; gli atlantidei, invece, furono accecati dalla voglia di conquista, dal desiderio di espansione, che offuscò la loro essenza divina.
E se vi piace particolarmente Platone, che ne dite di dare un'occhiata al mito della biga alata?
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