"Meglio" e "migliore", "peggio" e "peggiore" quando e come si utilizzano? Sono intercambiabili? Semplice guida all'uso
La risposta va contestualizzata: "meglio" o "migliore", "peggio" o "peggiore" vanno utilizzati a seconda dei casi e, soprattutto, a seconda delle funzioni che sono chiamati a svolgere all'interno della frase. Ma procediamo con ordine: "meglio" e "peggio" sono degli avverbi, e modificano, perciò, quanto espresso dal verbo (almeno in linea di massima); "migliore" e "peggiore", invece, rappresentano il comparativo di maggioranza degli aggettivi qualificativi "buono" e "cattivo" nelle serie "buono migliore ottimo", "cattivo peggiore pessimo".
Precisato questo, partiamo dalle seguenti frasi:
(A) Siamo i meglio ragazzi di questa scuola
(B) Siete i peggio giocatori di questa squadra
Si nota che le due parole sono utilizzate in modo errato. In (A) e (B), infatti, l'intenzione di chi parla è quella di qualificare i nomi "ragazzi" e "giocatori" rispetto agli insiemi "scuola" e "squadra": le doti dei ragazzi e dei giocatori, quindi le loro qualità , vengono messe in relazione, infatti, con quelle che caratterizzano la scuola e la squadra. Sappiamo che l'unica parte del discorso che può qualificare un nome è l'aggettivo qualificativo; in questo caso, quindi, "migliore" e "peggiore" sono le forme da scegliere.
Correggendo, si avranno le seguenti proposizioni:
Correggendo, si avranno le seguenti proposizioni:
(A1) Siamo i migliori ragazzi di questa scuola
(B1) Siete i peggiori giocatori di questa squadra
In letteratura esistono vari esempi di scelte completamente diverse. Eugenio Montale, per esempio, scriveva "Il meglio ramicello del tuo orto" nella poesia Sarcofaghi; Giovanni Verga, invece, in Mastro Don Gesualdo: "[...] Marciava da pari a pari coi meglio del paese". Gli esempi, insomma, sono tantissimi; ci troviamo, però, dinanzi a licenze poetiche che vanno assolutamente evitate, a meno che non si voglia imitare particolari modi di esprimersi: tali usi sono diastraticamente marcati verso il basso e rientrano indubbiamente in quello che è stato definito, non senza polemiche, "italiano popolare".