Qual è la forma corretta? "Davanti" o "d'avanti"? L'univerbazione spiegata con esempi
Si scrive "davanti" o "d'avanti"? Partiamo dal presupposto che in data 21 settembre Google ci dice che la domanda genera dieci milioni e 600mila risultati: ciò vuol dire che sono davvero parecchi coloro che hanno (avuto) un dubbio del genere.
Non sono pochi, dunque, coloro che scriverebbero "davanti" con l'apostrofo - quindi "d'avanti' -, ma dovrebbero essere molti di più - lo si spera e comunque, interrogando il motore di ricerca, lo si capisce - quelli che lo scrivono senza; ebbene, ad aver ragione è questo secondo gruppo: oggi l'unica forma accettata è "davanti", senza apostrofo.
Deviazioni del genere dall'italiano standard, vale a dire la lingua parlata e scritta così come impongono vocabolari e grammatiche, dipendono essenzialmente dalla natura di qualsiasi lingua, poiché, essendo quest'ultima una entità viva, è ovviamente soggetta all'uso che noi parlanti ne facciamo, e non sempre l'uso di oggi corrisponde a quello di ieri.
Non sono pochi, dunque, coloro che scriverebbero "davanti" con l'apostrofo - quindi "d'avanti' -, ma dovrebbero essere molti di più - lo si spera e comunque, interrogando il motore di ricerca, lo si capisce - quelli che lo scrivono senza; ebbene, ad aver ragione è questo secondo gruppo: oggi l'unica forma accettata è "davanti", senza apostrofo.
Deviazioni del genere dall'italiano standard, vale a dire la lingua parlata e scritta così come impongono vocabolari e grammatiche, dipendono essenzialmente dalla natura di qualsiasi lingua, poiché, essendo quest'ultima una entità viva, è ovviamente soggetta all'uso che noi parlanti ne facciamo, e non sempre l'uso di oggi corrisponde a quello di ieri.
Cerchiamo di capire, ora, quanto accade all'avverbio di luogo: qualcuno commette questo errore perché la parola "davanti" prima era composta da due termini, la preposizione "di" e l'avverbio "avanti": si trattava, quindi, di una "locuzione". Nel corso del tempo, "di" e "avanti" sono stati soggetti, però, al processo di "univerbazione", che il linguista Luca Serianni definisce in Italiano. Grammatica, sintassi, dubbi (nota grammatica di riferimento della nostra lingua) come un fenomeno di "fusione – manifestata anche dalla grafia – di due parole originariamente autonome (palco scenico > palcoscenico, in vece > invece, etc)".
L'univerbazione ha portato molto spesso alla nascita di parole come 'soprattutto'; prima del fenomeno, infatti, questa parola era costituita, in realtà, dal gruppo "sopra" e "tutto"; l'inserimento di questa seconda -t-, dunque, è avvenuto successivamente ed è dipeso, tra l'altro, dalla parola "sopra", causa del cosiddetto "raddoppiamento fonosintattico": non ha nulla a che fare con la parola "davanti", ma completa senz'altro questo quadro sintetico sul fenomeno. Occhio all'errore!