Guida all'uso di "suo" e "proprio": la differenza c'è, anche se molti li utilizzano indistintamente. I seguenti esempi vi permetteranno di comprenderla a pieno
"Suo" o "proprio"? Qual è l'uso più corretto dei due possessivi? Esistono dei contesti in cui è necessario utilizzare la seconda parola in luogo dell'altra, perché solo così diventa possibile rendere chiaro il proprio messaggio. Partiamo dal seguente breve periodo: "Il ragazzo ha chiesto all'amico dove fossero i suoi libri". Qui troviamo l'aggettivo possessivo "suo" flesso al plurale maschile del paradigma; sorge, però, un grande dubbio: i libri appartengono al ragazzo oppure all'amico? In altri termini, è il soggetto che cerca i suoi libri oppure vorrebbe quelli del suo compagno?
Notate, insomma, che non si tratta di una differenza da poco: la parziale comprensione del periodo dipende proprio dall'ambiguità generata dall'aggettivo "suo". Schematizziamo le due ipotesi:
Notate, insomma, che non si tratta di una differenza da poco: la parziale comprensione del periodo dipende proprio dall'ambiguità generata dall'aggettivo "suo". Schematizziamo le due ipotesi:
- I libri appartengono al ragazzo;
- I libri appartengono all'amico.
Nel primo caso, quindi qualora i libri dovessero appartenere al soggetto della frase, "suo" può essere sostituito con "proprio" e si avrebbe il seguente periodo: "Il ragazzo ha chiesto all'amico dove fossero i propri libri". L'ambiguità sarebbe così facilmente risolta, perché "proprio" fa riferimento solo al soggetto.
Per spiegare che i libri appartengono all'amico, invece, la situazione diventa un po' più complessa: visto che "proprio" fa riferimento solo al soggetto, un periodo come "il ragazzo ha chiesto all'amico dove fossero i propri libri" non potrà mai far capire al lettore che i libri sono del compagno; "all'amico", infatti, è una terza persona - oltre che un complemento di termine - e in questo caso serve una strategia diversa: potreste scrivere, per esempio, "il ragazzo ha chiesto all'amico dove fossero i libri di lui"; tale scelta, però, è poco consigliabile.
L'unico modo per evitare soluzioni così forzate - spiegano i linguisti Valeria Della Valle e Giuseppe Patota nel loro Salvalingua - è optare per periodi come questo: "Il ragazzo ha chiesto all'amico i libri che lui aveva etc...". Non sempre, dunque, il problema va risolto, affrontandolo direttamente: qualche volta sono concesse altre semplici "vie di fuga".
Per spiegare che i libri appartengono all'amico, invece, la situazione diventa un po' più complessa: visto che "proprio" fa riferimento solo al soggetto, un periodo come "il ragazzo ha chiesto all'amico dove fossero i propri libri" non potrà mai far capire al lettore che i libri sono del compagno; "all'amico", infatti, è una terza persona - oltre che un complemento di termine - e in questo caso serve una strategia diversa: potreste scrivere, per esempio, "il ragazzo ha chiesto all'amico dove fossero i libri di lui"; tale scelta, però, è poco consigliabile.
L'unico modo per evitare soluzioni così forzate - spiegano i linguisti Valeria Della Valle e Giuseppe Patota nel loro Salvalingua - è optare per periodi come questo: "Il ragazzo ha chiesto all'amico i libri che lui aveva etc...". Non sempre, dunque, il problema va risolto, affrontandolo direttamente: qualche volta sono concesse altre semplici "vie di fuga".
La differenza tra "proprio" e "suo", comunque, è ora ben evidente: la prima parola si utilizza per far riferimento al soggetto (in contesti in cui si creerebbe ambiguità); la seconda, invece, per riferirsi a una terza persona.