Esiste un accento secondario nella lingua italiana? La risposta è affermativa, anche se - a differenza di quello principale - non viene indicato
L'accento secondario esiste in italiano? Partiamo dalle promesse: sappiamo che l'accento principale è posto su una vocale (e mai su una consonante), la quale è pronunciata con una particolare forza espiratoria (per questo motivo è definita "tonica" ed è l'opposto della "atona). Le regole dell'accentazione impongono di indicarlo solo sull'ultima sillaba delle parole tronche (quelle come "cioè", "perché", "però", "giù" e così via); mai sui monosillabi (a meno che non si tratti di parole confondibili tra loro; per esempio, "se" congiunzione subordinante e "sé", particella pronominale); è consigliabile, invece, in casi di omografia (cioè quando sarebbe impossibile distinguere senza l'accento la parola prìncipi da princìpi, àncora da ancòra etc).
Ogni parola italiana porta l'accento, quindi pure nel caso in cui non fosse indicato graficamente: "oro", per esempio, ha un accento sulla prima "o"; "facendo", sulla "e"; "fisso", invece, sulla "i"; a seconda della sua posizione, le parole vengono definite "tronche", "piane", "sdrucciole", "bisdrucciole", "trisdrucciole" e "quadrisdrucciole" (anche se quese ultime due circostanze sono rare: ne sono un esempio, comunque, parole come fàbbricamelo e fàbbricatecene, dove l'accento cade rispettivamente sulla quinta e sesta sillaba a partire da destra).
Cos'è l'accento secondario?
Nella lingua italiana ci sono anche delle parole piuttosto lunghe - come quelle citate tra parentesi - che necessitano di due o più accenti; provate a pronunciare, per esempio, "pomodoro"; la sillaba più forte è sicuramente "do", ma avrete senz'altro notato che pure "po" è pronunciata in modo più forte rispetto a "mo" e "ro"; ebbene, proprio sulla "o" di "po" cade un accento che definiamo "secondario", in quanto più intenso di tutte le sillabe non accentate e meno forte rispetto a quella su cui cade, invece, il principale.
In Italiano. Grammatica, Sintassi e Dubbi, edito da Garzanti, lo storico della lingua e linguista Luca Serianni lo spiega in modo chiaro:
'L'accento secondario riguarda i trisillabi solo se ossitoni [tronchi ndr] (e cade allora sulla sillaba iniziale [per esempio, sulla prima e di "metterò" ndr]); nei quadrisillabi si trova un accento principale e uno secondario [come nel già citato "pomodoro" ndr]; nelle parole di cinque o più sillabe possono esserci due accenti secondari [come in "meccanicisticamente"; i casi, comunque, sono molto rari ndr]'.
L'accento secondario, badate bene, non va mai indicato quando scrivete, ma solo nelle trascrizioni fonetiche (, per esempio, va reso come [ˌpomo'dɔro]) con un apice in basso, che, ovviamente, non va confuso con la virgola.