I docenti non vogliono la cattedra di 24 ore : questa significa più ore di lavoro e uno stipendio invariato: una decisione del Ministero ...
I docenti non vogliono la cattedra di 24 ore: questa significa più ore di lavoro e uno stipendio invariato: una decisione del Ministero dell'istruzione ingiusta, che - come sapete - ha scatenato polemiche a non finire. I professori hanno recentemente chiesto di poter godere - semmai dovesse entrare in vigore questa cattedra - più ferie, dopo aver fatto un semplice calcolo per rendere la richiesta un po' più equa.
Prima di tutto, sono partiti considerando le ore lavorative di una giornata: 18 ore settimanali distirbuiti in 5 giorni lavorativi corrispondono a 3.6 ore giornaliere di attività. Dalla cattedra di 18 ore si passerà a quella di 24: ciò significa 6 ore in più di lavoro, vale a dire 198 in un anno scolastico; dividendo quest'ultima cifra per 3.6, si può ben notare che i professori lavoreranno all'anno 55 giorni in più. In ragione di ciò, i docenti hanno chiesto che anche le loro ferie vengano aumentate proporzionalmente: 55 giorni di riposo come 55 sono i giorni di lavoro aggiunti; un surplus che deve essere compensato.
Intanto, la presidentessa Manuela Ghizzoni ha presentato alla VII commissione cultura alla Camera alcuni emendamenti sui nuovi progetti di Francesco Profumo, che riassumiamo brevemente qui di seguito:
"1. La cancellazione dell'aumento dell'orario di lezione da 18 a 24, delle modalità di fruizione delle ferie durante la sospensione delle lezioni;
2. Modifiche al fondo da ripartire per la valorizzazione dell'istruzione scolastica;
3. Ricollocamento dei docenti idonei ad altre funzioni ( un piano di ricollocamento che tenga conto delle effettive condizioni di salute e delle competenze acquisite) o la possibilità di chiedere la risoluzione dal rapporto di lavoro, con diritto al trattamento di quiescenza se in possesso dei requisiti contributivi per l'applicazione dell'istituto della dispensa;
4. Riduzione tagli per i docenti all'estero".
Profumo finora si è detto disposto a fare un passo indietro; questo non vuol dire nella maniera più assoluta, però, che vuole rinunciare a cambiare l'intero sistema scolastico italiano.