Il "plurale maiestatis" consiste nell'utilizzo della quarta persona, o prima persona plurale, in luogo di un pronome di p...
Il "plurale maiestatis" consiste nell'utilizzo della quarta persona, o prima persona plurale, in luogo di un pronome di prima. Va subito precisato che questo tipo di plurale non corrisponde a quello che utilizzano in genere gli insegnanti per spiegare la lezione (es. "Ieri abbiamo visto come Alessandro Manzoni ha rivisto i Promessi Sposi a Firenze"): in questo caso, ci troviamo dinanzi a un "plurale didattico", tipico anche della manualistica, in cui chi parla - spiega il linguista Luca Serianni in Italiano. Grammatica, sintassi, dubbi - "associa idealmente alle sue riflessioni e al suo argomentare il pubblico presente".
Detto questo, torniamo al plurale maiestatis e a degli esempi che possano permetterne una spiegazione esaustiva; questo tipo di plurale è riscontrabile:
- Negli atti ufficiali redatti da un'altissima autorità , che può essere civile o religiosa (si pensi ai discorsi dei papi, prima che Giovanni Paolo I decidesse di utilizzare la prima persona singolare, invece della prima plurale); nel discorso orale è una pratica caduta in disuso; nei documenti, soprattutto quelli antichi, è invece molto presente; vediamo un esempio tratto dallo Statuto Albertino del 1948:
"Con lealtà di Re e con affetto di Padre, Noi veniamo oggi a compiere quanto avevamo annunziato ai Nostri sudditi col Nostro proclama dell’8 dell’ultimo scorso febbraio, con cui abbiamo voluto dimostrare in mezzo agli eventi straordinari che circondavano il paese, come la Nostra confidenza in loro crescesse colla gravità delle circostanze"; - Nella poesia di intonazione classica, in cui il poeta evitava di parlare in prima persona, come nel caso seguente (versi 12-14 di A Zacinto, sonetto di Ugo Foscolo):
"Tu non altro che il canto avrai del figlio,
o materna mia terra; a noi prescrisse
il fato illacrimata sepoltura". - Nell'uso letterario moderno, quando lo scrittore, non per affermare la propria autorità , ma, al contrario, per non far pesare troppo la sua presenza, utilizza il plurale invece del singolare; vediamo l'uso che ne fa, per esempio, Alessandro Manzoni nel suo celebre romanzo I Promessi Sposi:
"Né fu questa l’ultima pubblicazione, ma noi delle posteriori non crediamo di dover far menzione, come di cosa che esce dal periodo della nostra storia. Ne accenneremo soltanto una del 13 febbraio dell’anno 1632 […]. Questo basta ad assicurarci che, nel tempo in cui trattiamo, c’era de’ bravi tuttavia".
Non confondete, infine, l'utilizzo del "voi" tra studente e insegnante o tra sconosciuti tipico del Meridione, perché in quel caso parliamo di "pronomi di cortesia".