Ideofoni e onomatopee sono sinonimi? In questa guida, definizione ed esempi per spiegare la differenza (anche con le interiezioni)
Anche se molto spesso ideofoni e onomatopee vengono utilizzati in riferimento al più generale fenomeno del fonosimbolismo, va detto che potreste trovarvi nella situazione in cui qualcuno traccia una linea sottile tra i significati delle due parole. Qui di seguito procederemo a darne non soltanto la definizione ma anche gli esempi, sottolineando, prima della sintesi finale, pure la differenza con le interiezioni, parti del discorso cui abbiamo già dedicato un approfondimento. Siamo sicuri che le spiegazioni vi torneranno molto utili e fugheranno tutti i vostri dubbi.
Gli ideofoni: esempi in poesia
Definiamo "ideofono" o "fonosimbolo" una sequenza fonica, quindi costituita da suoni, che cerca di riprodurre sensazioni relative alle varie sfere sensoriali; si pensi, per esempio, al linguaggio utilizzato dai fumetti, di conseguenza a voci come "slurp", "gulp", "roar", "sigh", "splash" e così via; esistono vari esempi anche in poesia; pensate al componimento L'assiuolo di Giovanni Pascoli:
"Dov’era la luna? ché il cielo
notava in un’alba di perla,
ed ergersi il mandorlo e il melo
parevano a meglio vederla.
Venivano soffi di lampi
da un nero di nubi laggiù;
veniva una voce dai campi:
chiù...
notava in un’alba di perla,
ed ergersi il mandorlo e il melo
parevano a meglio vederla.
Venivano soffi di lampi
da un nero di nubi laggiù;
veniva una voce dai campi:
chiù...
Le stelle risplendevano rare
tra mezzo alla nebbia di latte:
sentivo il cullare del mare,
sentivo un fru fru tra le fratte;
sentivo nel cuore un sussulto,
com’eco d’un grido che fu.
Sonava lontano il singulto:
chiù...
tra mezzo alla nebbia di latte:
sentivo il cullare del mare,
sentivo un fru fru tra le fratte;
sentivo nel cuore un sussulto,
com’eco d’un grido che fu.
Sonava lontano il singulto:
chiù...
Su tutte le lucide vette
tremava un sospiro di vento:
squassavano le cavallette
finissimi sistri d’argento
(tintinni a invisibili porte
che forse non s’aprono più?...);
e c’era quel pianto di morte...
chiù..."
chiù..."
Le voci evidenziate riproducono il verso dell'assiolo ("chiù") e il movimento delle fratte ("fru fru", che contribuisce a dare un effetto allitterante a tutto il verso, perché la sequenza fr si ripete ben tre volte e la r ancora di più). Abbiamo riportato un esempio da Pascoli perché - citando Italiano. Grammatica, sintassi, dubbi del linguista Luca Serianni - "l'uso che dell'onomatopea fa [...] è decisamente innovatore rispetto alla tradizione letteraria. Il fonosimbolismo è infatti molto raro nella poesia antica, fino a gran parte del secolo scorso. Nel Dante della Commedia, per esempio, [...] le onomatopee vere e proprie sono soltanto due: tin tin [...] e cricchi (Inferno, XXXII 30, a rappresentare il rumore di uno scricchiolio)".
Quale valore semantico per la parola "onomatopea"?
La parola "onomatopea", come avrete notato, può essere utilizzata anche come sinonimo di "ideofono", ma il suo valore semantico può arrivare a comprendere pure quelle parole formate sulle sequenze foniche che tentano di riprodurre un suono; pensiamo, per esempio, a "bisbigliare", "tentennare", "chioccolare", "tintinnare", che sono tutte riconducibili a particolari foni: "bisbigliare", per esempio, fa riferimento a "bis bis", suono tipico del bisbiglio; il "tintinnare" delle monete al rumore che fanno quando cadono a terra ("tin tin"); le basi della derivazione possono essere tante, insomma: notate, però, che la classe più produttiva resta sempre quella dei verbi in -are, che accoglie non poche parole. In questo caso, comunque, più che parlare di "onomatopea" si potrebbe parlare di "origine onomatopeica".Ideofoni e onomatopee rompono con l'arbitrarietà del segno
L'onomatopea e l'ideofono, ovviamente, rompono quella che Ferdinand de Saussure ha definito "arbitrarietà del segno", riferendosi al fatto che non esistono motivi per i quali un determinato elemento della realtà , animato o inanimato che sia, debba chiamarsi per forza così (tant'è vero che ogni lingua utilizza parole diverse per definire lo stesso referente): in casi come questo, infatti, succede che chi parla riproduce esattamente ciò che sente, senza inventare nulla (anche se la trascrizione presenta, ovviamente, non pochi problemi). Le onomatopee cambiano comunque da comunità a comunità , anche se - riprendiamo sempre da Serianni - "molto di più di quanto non accada per le interiezioni primarie, si tritrovano quasi uguali nelle varie lingue. Se il verso del gatto è percepito come miao, miau un po' dovunque il felino sia difuso, è naturale che all'italiano corrispondano il francese miauler, l'inglese to miaow, il tedesco miauen, lo spagnolo e il portoghese miar, il polacco miauczeć [...] o varianti consimili"; non sempre, però, la corrispondenza si verifica: al nostro chicchirichì, per esempio, corrisponde l'inglese cock-a-doo-dle-doo; a bau bau, invece, il tedesco wau wau.
Differenza tra onomatopee e interiezioni
Riprendiamo, infine, la differenza tra onomatopee e interiezioni, sottolineando che potreste trovarvi anche in situazioni in cui le onomatopee vengano considerate parte integrante delle seconde:
"In realtà - scrive Luca Serianni - tra le due serie di forme non mancano le differenze. Le interiezioni sono solo in piccola parte 'motivate', cioè condizionate da spinte imitative, e hanno normalmente valore di esclamazione, mentre le onomatopee si trasformano spesso in parti del discorso autonome (nomi: 'il ticchettio di un orologio', 'il chicchirichì del gallo', [...] ecc)".
Una sintesi
Volendo tracciare una sintesi di quanto detto, onomatopee e ideofoni fanno parte del fenomeno più ampio del "fonosimbolismo", cioè della riproduzione del suono; le prime si riferiscono sia ai suoni veri e propri ("roar", "cip" etc) sia alle parole costruite su questi ("bisbigliare", "tintinnare" etc); i secondi, invece, soltanto ai foni. La differenza con le interiezioni, infine, sta soprattutto nell'uso che se ne fa: queste ultime, infatti, corrispondono quasi sempre a una esclamazione.