Come si forma il femminile dei nomi in italiano? Ecco una semplice guida con esempi a tutti i casi possibili
In questa scheda di grammatica italiana cercheremo di capire come si forma il femminile dei nomi in italiano, dopo aver illustrato quali sono le procedure per formarne il plurale; anche in questa sede andrà ribadito che certi procedimenti sono scontati per un parlante nativo, che sia quindi stato esposto alla lingua italiana sin dalla nascita: esistono dei casi in cui, però, si potrebbe facilmente cadere in confusione ed è per questo che un sunto di tutte le possibilità potrebbe aiutarvi. Ma veniamo al dunque, partendo dai nomi che terminano in -o.
I nomi maschili di questo tipo formano il femminile con -a: diremo, quindi, l'amico/l'amica, il ragazzo/la ragazza, il figlio/la figlia, il cognato/la cognata e così via.
Alcuni di questi nomi, però, formano anche il femminile con la desinenza -essa: pensiamo, per esempio, ad avvocato/avvocatessa; ad alcuni di questi si preferisce o lasciare invariato il nome o la forma in -a: è meglio dire, per esempio, "il medico", piuttosto che "la medichessa"; così come è di gran lunga consigliabile "il deputato" (o al massimo "la deputata") in luogo di "la deputatessa".
I nomi maschili terminanti in -a - per lo più di origine greca - formano il femminile con l'aggiunta del suffisso -essa; direte, perciò, il poeta/la poetessa, il duca/la duchessa.
"Ma questi casi - si legge in Grammatica. Italiano, sintassi, dubbi del linguista Luca Serianni - sono in realtà più l'eccezione che la regola: poiché infatti la stragrande maggioranza dei maschili in -a sono nomi di tradizione dotta e non popolare [...], essi non si sono inseriti nell'usuale sistema di formazione del femminile mediante cambiamento di terminazione, e rimangono dunque invariati (è il tipo il collega-la collega)".
In nomi in -e possono formare il femminile o con -a, quindi diremo il parrucchiere/la parrucchiera; o sempre con -essa; pensiamo, per esempio, a il barone/la baronessa, il conte/la contessa, il dottore/la dottoressa etc.
Il femminile dei nomi in -tore e in -sore
Segnaliamo pure che i nomi in -tore formano il femminile con -trice: l'attore/l'attrice, il lettore/la lettrice; sono i cosiddetti "nomi d'agente", i quali trovano corrispondenza in un verbo corradicale e da questo prendono forma: il lettore, insomma, è colui "che legge" così come il calciatore è colui che "calcia la palla". Non sempre, però, è facile risalire al verbo e non tutti i nomi vengono percepiti come agentivi: il dottore - spiega Luca Serianni - in passato veniva percepito come "colui che impartisce dottrina"; oggi, invece, il legame è molto più debole (a livello di percezione, ovviamente).
I nomi in -sore, invece, formano il femminile in modo particolare: si risale all'infinito con d del verbo in questione e si aggiunge il suffisso -trice: da "difensore", per esempio, si ricava "difendere", al quale si accosta -trice, dopo aver tolto la desineza -ere; avremo, in conclusione, "difenditrice"; anche in questo caso, le eccezioni (dovute principalmente alla storia di ogni singola parola) esistono: pensiamo, per esempio, a "professore", il cui femminile è "professoressa".
Come formare il femminile di tutti gli altri nomi italiani
Esistono, infine, altri tipi da mettere in evidenza:
- Il tipo gallo/gallina, per esempio, mostra come per la formazione del femminile si ricorra al suffisso del diminutivo o dell'accrescitivo (capra/caprone), non con l'intento di indicare per forza le dimensioni: in altri termini, dire "una piccola gallina" non è ridondante, perché in "gallina" non è insito il concetto di "piccolo animale", nonostante la presenza di -ina;
- Il tipo la balena maschio/la balena femmina (oppure il maschio della balena/la femmina della balena) è tipico degli animali selvatici;
- I nomi indipendenti formano maschile e femminile da due radici diverse: pensiamo, per esempio, a il frate/la suora, il fratello/la sorella, il marito/la moglie e così via;
- I nomi di genere comune sono quelli che hanno una sola forma per il maschile e per il femminile: ne è un esempio il già citato il collega/la collega oppure il dilettante/la dilettante, il lattante/la lattante etc;
- Vanno segnalati, infine, i nomi di professione a cui abbiamo già dedicato un approfondimento.
L'opposizione tra maschile e femminile: una precisazione
Per concludere su maschile e femminile dei nomi, andrà ricordato che nella maggior parte dei casi, più che parlare di opposizione maschile/femminile, si deve parlare di contiguità semantica tra il maschile e il femminile; il femminile di "arco", per esempio, è "arca", ma in quest'ultima circostanza nessuno penserebbe mai a un arco-femmmina, bensì a un sarcofago o all'imbarcazione di Noè; qui la differenza tra maschile e femminile comporta una notevole distanza di significato, quindi non si può parlare di "continguità ". In altri casi, però, la vicinanza semantica è evidente; pensiamo, per esempio, a il buco/la buca, il fosso/la fossa, dove il femminile indica qualcosa di più grande/esteso rispetto al maschile; ma l'opposizione può riguardare anche altri termini di paragone.
Al solito, insomma, la lingua italiana - come qualsiasi altro strumento di comunicazione - dimostra di non essere un coacervo di regola da imparare a memoria, ma il frutto di un lento e complesso sviluppo, senza lo studio del quale molti dei nostri quesiti non avrebbero risposta.