Riassunto su vita, opere e poetica di Guido Cavalcanti, uno dei massimi personaggi del Trecento, nonché esponente dello stilnovismo italiano
Iniziamo questa scheda su vita, opere e poetica di Guido Cavalcanti col sottolineare che il poeta, nella Firenze del suo tempo, era anzitutto un personaggio. È figlio di Cavalcante Cavalcanti, e come tale viene nominato in Inferno, X all’interno di un dialogo a mezzo tra il grottesco e il drammatico. Lo troviamo, poi, protagonista di una novella del Decameron (VI, 9), rappresentante sia della cortesia nei confronti di un gruppo di villani arricchiti, sia di una superiotià linguistica legata al motto di spirito: un uomo, insomma, eccelso sia nella mente che nel corpo, come dimostra la sua velocità nel fuggire all’insistente combriccola scavalcando alcune arche.
Di certo fu un protagonista della politica del suo tempo: rappresentante dei guelfi bianchi, fu nominato nel 1280 garante della pace a Firenze, all’età di trent’anni; cercò di uccidere il capo dei guelfi neri, Corso Donati, e anche per questo nel 1300 venne esiliato dai priori, tra cui Dante Alighieri. Morì poco dopo sempre a Firenze.
La poetica di Guido Cavalcanti e l'amore
La poesia di Cavalcanti riprende i temi tipici della lirica cortese rivendendoli grazie alla sua profonda cultura filosofica, che spaziava non solo negli ambiti tradizionali ma si spingeva anche, forse, fino alla lettura di Averroè. Lo stile rimane molto curato, si appoggia su suoni melodici e dolci: per questo egli diventerà uno dei rappresentati del dolce stil novo.
L’amore diventa con lui una forza sconvolgente, che fa perdere la razionalità e porta alla distruzione fisica e spirituale:
l’angosciosa vita mia,
che sospirando la distrugge Amore
Il dramma dell’amante è ora tutto interno, e si manifesta attraverso degli spiriti: la donna infatti non è più presente per via, oppure nel tessuto sociale della città, ma è irraggiungibile e lontana, e l’uomo si sente nei suoi confronti del tutto inadeguato. Appare in modo soprannaturale:
Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira,
che fa tremare di chiaritate l’are.
e genera l’incapacità di parlare del poeta, tema che verrà poi largamente ripreso da Dante. La sua bellezza è straordinaria e ogni virtù le è legata, tanto da poter richiamare l’immagine di Dio: e proprio su questo tema si punterà, in seguito, la critica sempre dell'Alighieri.