Scheda didattica sul nome: parte variabile del discorso, in quante categorie può essere classificato? Come si formano singolare e plurale. Una guida semplice alle questioni più complesse
In grammatica italiana si definisce nome (o sostantivo) una parte variabile del discorso che ha la funzione di indicare un referente sia esso animato o inanimato. Non esiste lingua, e non solo all'interno di quelle neolatine, che non abbia tra le categorie grammaticali il nome; con questa scheda didattica cercheremo di raggruppare tutti gli approfondimenti dedicati all'argomento, per realizzare una sintesi veloce e completa allo stesso tempo.
Qui di seguito, per esempio, troverete tutte le indicazioni possibili sulla flessione del sostantivo:
- Come si forma il plurale dei nomi;
- Qual è il femminile dei nomi: tendenze generali di formazione.
Detto questo, veniamo alle classificazioni. La prima grande categoria di nomi riguarda senz’altro l’opposizione comune/proprio: quando un nome si dice “comune” e quando, invece, “proprio”? La differenza è in molti casi di facile comprensione: il nome proprio individua, infatti, un referente all’interno di un gruppo ed è contrassegnato dall’iniziale maiuscola (il cui utilizzo, però, non è limitato solo ai nomi propri); il nome comune, invece, fa riferimento a uno o più elementi della categoria, senza dare specificazioni ulteriori. “Marco”, per esempio, è un nome proprio, perché, oltre ad essere scritto con la lettera maiuscola, indica un particolare individuo dell’insieme “uomini”; “uomo”, invece, non è scritto con la lettera maiuscola e fa riferimento a uno degli elementi della categoria “uomini” senza individuarlo con precisione: è, perciò, un nome comune.
La classificazione dei nomi
Ma le classificazioni continuano:
- I nomi collettivi si distinguono da quelli individuali perché indicano non un elemento ma un gruppo di elementi;
- I nomi concreti si differenziano da quelli astratti, perché fanno riferimento – solo in linea di massima – a una entità percepibile con i cinque sensi.
In merito alla formazione, distinguiamo anche:
- I nomi composti, che sono formati dall'unione di più parole (per esempio, "battipanni" dal verbo "batti" e dal sostantivo "panni");
- I nomi derivati, che, invece, sono formati attraverso prefissi e suffissi inseriti all'inizio (normale -> a-normale) o alla fine (normale -> normal(e)-mente);
- I nomi alterati, particolare categoria di nomi derivati che si forma con l'aggiunta di suffissi i quali danno una particolare sfumatura al nome originario (casa -> cas(a)-etta, cas(a)-ina, cas(a)-ona etc).
Tutte le parole possono essere nomi
Questa scheda riepilogativa non può non mettere in evidenza che qualsiasi parola può assumere in italiano la funzione di sostantivo, attraverso l'anteposizione dell'articolo determinativo alla parola; in tal caso parliamo di uso sostantivato di verbo, avverbio, aggettivo, congiunzione, pronome, numerale e preposizione; vediamo qualche esempio:
- Verbo sostantivato: "Il fluire del tempo mi angoscia";
- Avverbio sostantivato: "Non voglio sapere del come e del quando, ma del perché!"
- Aggettivo sostantivato: “Il divario tra ricchi e poveri continua a crescere”;
- Congiunzione sostantivata: “Ma c’è un ‘però’!”;
- Pronome sostantivato: “I tuoi quando vengono?”;
- Numerale sostantivato: “Ha fatto ‘sei’!”
- Preposizione sostantivata: “’A’ è la preposizione sbagliata in questo caso!”.
Il nome in analisi logica e grammaticale
Concludiamo, infine, ricordando che il nome in analisi logica può concorrere alla formazione dei complementi assieme alle proposizioni e svolgere la funzione di soggetto; in analisi grammaticale, ovviamente, va analizzato come sostantivo in tutti i suoi aspetti; vediamone qualche esempio:
- Sentimento: nome comune di cosa maschile singolare, astratto e individuale;
- Bocca: nome comune di cosa femminile singolare, concreto e individuale.
L’argomento è molto semplice, anche se, per certi versi (pensate alla formazione del plurale), presenta anch’esso le sue indiscutibili difficoltà.