Riassunto dell'Umanesimo nella letteratura italiana, con particolare riferimento a quello civile e cortigiano a Firenze; guida alle questioni principali, al contesto storico-culturale e agli autori più importanti
Il termine “Umanesimo” è impiegato per descrivere un ampio periodo della letteratura italiana di rinascita e riscoperta delle humanae litterae. Si rompe la concezione unitaria della cultura medievale e si iniziano ad esplorare nuovi campi del sapere, sempre con l’uomo come centro di interesse e con il predominio degli strumenti letterari, storici e filosofici.
Elemento propulsore di questo cambiamento fu la riscoperta dei codici; solo per fare esempio, tra il 1414 e il 1417 Poggio Bracciolini riportò alla luce, tra gli altri, il De rerum natura di Lucrezio, alcuni manoscritti di Quintiliano, alcune orazioni di Cicerone, le Argonautiche di Valerio Flacco, le Silvae di Stazio, le Punicae di Silio Italico, le Historiae di Ammiano Marcellino. In effetti, la filologia è una nuova modalità con cui si guarda ai testi; l’esempio più famoso è quello di Lorenzo Valla, che riuscì a dimostrare il falso storico della cosiddetta Donazione di Costantino.
L’Umanesimo si basa sul principio di imitazione; il massimo della cultura è stato raggiunto dai classici, che quindi vanno imitati poiché nulla può essere migliore di loro. Noi siamo “nani sulle spalle di giganti”: ciò significa che dobbiamo riconoscere il nostro grado inferiore rispetto al passato, ma al contempo comprendere che, riutilizzando i classici, possiamo forse vedere un po’ più avanti rispetto a loro. Il classico va quindi considerato un modello, su cui innestare la propria particolare situazione personale, le proprie esigenze (o quelle del committente, o quelle della città) e svilupparle attraverso la creatività. Il rapporto con il classico è dunque molto più attivo rispetto a quello concepito dalla cultura medievale; è stato giustamente osservato che, proprio mentre si recupera la dimensione propria dei classici, si riconosce che quella è un’epoca definitivamente perduta e che non può più essere recuperata; nasce così il Medioevo come stereotipata età buia, di mezzo, che ha dimenticato la grandezza passata.
Umanesimo civile e cortigiano a Firenze
L’Umanesimo è legato a una cultura di èlite, che è a sua volta espressione in particolare dell’ambiente della corte. I cambiamenti radicali che avvengono in campo artistico e culturale non interessano invece la popolazione in generale, che rimane estranea a tali cambiamenti e continua a vivere, quindi, all’interno del Medioevo. Il centro della nuova cultura è Firenze, e ciò in qualche modo contrasta con quanto detto finora; la città è infatti nel’400 una repubblica, seppure oligarchica, e ciò la apre quindi con maggiore facilità al cambiamento. Tale contrasto in realtà è solo apparente e dipende dalle diverse modalità con cui l’Umanesimo si è manifestato nella penisola. A Firenze erano presenti importanti uomini di cultura, quali Coluccio Salutati e Leonardo Bruni. Il clima di apertura al nuovo e la volontà di partecipare alla vita politica permettono di parlare di una caratteristica peculiare dell’Umanesimo fiorentino, che può quindi essere definito “civile”. L’intellettuale svolge delle professioni diverse, di solito legate alla vita politica della città, e discute delle sue idee nelle sue opere, spesso di tematica civile.
Come si diceva nell’introduzione, la corte costituisce un altro centro di produzione culturale. In tale civiltà si cercava di esprimere la raffinatezza spirituale, la misura, l’eleganza, l’armonia. Grazie alle scoperte sui classici, forte era anche l’influenza sull’arte (si pensi al caso di Mantegna), che a sua volta determinò un’importante ricerca estetica anche nella letteratura. La figura attorno a cui ruota la nuova cultura è il principe, che svolge basilarmente il ruolo di committente e quindi permette all’intellettuale cortigiano di vivere, talvolta in ricchezza, del suo lavoro. La cultura però viene anche vista come intrattenimento (di qui la rinascita del teatro) e una scarsa autonomia dell’intellettuale rispetto al suo signore, che in cambio della sua protezione chiede opere che possano anche portare diletto alla corte.
Un ultimo esempio di intellettuale è quello ancora legato alla Chiesa, che può essere considerato molto più indipendente rispetto all’intellettuale cittadino. La figura massima in questo caso è costituita da Enea Silvio Piccolomini, papa Pio II, che cercò anche di integrare la letteratura alle altre arti, in particolare architettura e urbanistica (si veda il progetto di Pienza).