Giovanni Verga e il Verismo in che prospettive possonoe essere letti? Qual è il rapporto tra lo scrittore e questo momento così importante della letteratura italiana? Ecco una guida con riferimenti puntuali alle opere dell'autore
Giovanni Verga è considerato il massimo esponente del Verismo italiano; certamente è il più rigoroso ad applicare nell’applicare le idee di tale poetica, e anche colui che condusse il maggior numero di “esperimenti” per cercare un nuovo modo di espressione narrativa. Si deve precisare che i testi “teorici” e di poetica dell’autore sono molto scarsi e si devono quindi impiegare testimonianze quali le lettere o alcune prefazioni, come quella a L’amante di Gramigna. Ciò corrisponde a una precisa idea dello scrittore, poiché non serve esplicitare le proprie idee, visto che le opere parlano da sole e possono quindi da sole spiegare cosa egli intenda per letteratura.
"Caro Farina - si legge nella prefazione del testo L'amante di Gramigna - eccoti non un racconto, ma l'abbozzo di un racconto. Esso almeno avrà il merito di essere brevissimo, e di esser storico - un documento umano, come dicono oggi - interessante forse per te, e per tutti coloro che studiano nel gran libro del cuore. Io te lo ripeterò così come l'ho raccolto pei viottoli dei campi, press'a poco colle medesime parole semplici e pittoresche della narrazione popolare, e tu veramente preferirai di trovarti faccia a faccia col fatto nu*o e schietto, senza stare a cercarlo fra le linee del libro, attraverso la lente dello scrittore".
Il narratore nel Verismo italiano
Il narratore quindi non introduce nulla, poiché i personaggi stessi si spiegheranno da sé attraverso le loro parole e il loro agire. L’opera d’arte quindi sembrerà essersi fatta da sé; e l’uso del verbo “sembrare” non è casuale, visto che Verga vuole sottolineare in modo particolare l’artificio dell’operazione letteraria, di cui rimane sempre consapevole.
Per comprendere bene il verismo di Verga è necessaria un’operazione, non molto corretta dal punto di vista letterario ma utile dal punto di vista didattico: ossia, dividere la sua scrittura in opere “preveriste” e opere “veriste”.
Se si prende quale esempio della prima fase una novella di Vita dei campi, Fantasticheria, si può senza dubbio notare la fase ancora incerta che caratterizza la sua scrittura. La novella è famosa anche perché anticipa personaggi e situazioni che verranno poi più ampiamente sviluppate ne I Malavoglia. Il sentimento prevalente, però, in questo testo, è un vagheggiamento quasi romantico, in cui il protagonista e narratore guarda con compassione i personaggi che popolano Aci Trezza e spiega alla compagna che per comprenderli “bisogna farci piccini anche noi”: si tratta di una formulazione esplicita del punto di vista del narratore, che da un lato prova pietà per la pochezza della vita dei pescatori siciliani, ma dall’altro vede la “vita dei campi” in modo positivo e salutare.
La svolta con Rosso Malpelo: i canoni del Verismo
Il testo della svolta è Rosso Malpelo. In questo caso il narratore rispetta un’assoluta impersonalità secondo i canoni del verismo. L’incipit è sufficiente per comprendere il nuovo punto di vista:
"Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo, che prometteva di riescire un fior di birbone".
Possibile che Giovanni Verga, uomo colto e dalla cultura raffinata ed europea, possa davvero credere che un bambino ha i capelli rossi “perché” è cattivo? Si tratta di un pregiudizio della più becera e bassa cultura popolare (e che rispecchia a pieno il discorso indiretto libero). Il punto però è proprio questo: Verga non giudica i suoi personaggi e le situazioni che vivono, perché ritiene di non avere il diritto di farlo, quindi si eclissa, ossia si nasconde e lascia che la storia si racconti da sola (o almeno, che ci sia l’impressione che così avvenga). Il narratore quindi non capisce Malpelo, e osserva come alla fine vince sempre il più forte e questo non può mai cambiare, quale che sia la classe sociale che si intende analizzare.
Ciò che è importante, comunque, è che con questa novella Verga ritiene di aver trovato gli strumenti concettuali per la sua rappresentazione, ossia il naturalismo francese. Parte quindi dal basso per poi salire nella scala sociale; tale idea rimane nel progetto del Ciclo dei vinti, il gruppo di cinque romanzi di cui fanno parte I Malavoglia e Mastro-don Gesualdo, oltre all’incompiuto La duchessa di Leyra. Rimasti alla fase pre-embrionale sono L’onorevole Scipioni e L’uomo di lusso, che avrebbe dovuto mostrare l’idea pessimista dell’autore anche nella vita degli artisti.