Riassunto dettagliato del periodico Il Caffè di Pietro e Alessandro Verri, grande realtà editoriale del Settecento illuminista
Per farsi un'idea di cosa sia il periodico Il Caffè di Pietro e Alessandro Verri è utile partire dall'articolo di apertura del primo numero, datato al giugno del 1764.
"Cos'è questo 'Caffè'? È un foglio di stampa che si pubblicherà ogni dieci giorni. Cosa conterrà questo foglio di stampa? Cose varie, cose disparatissime, cose inedite, cose fatte da diversi autori, cose tutte dirette alla pubblica utilità. Va bene: ma con quale stile saranno eglino scritti questi fogli? Con ogni stile, che non annoi. [...] Qual fine vi ha fatto nascere un tal progetto? Il fine d'una aggradevole occupazione per noi, il fine di far quel bene, che possiamo alla nostra patria, il fine di spargere delle utili cognizioni fra i nostri cittadini, divertendoli, come già altrove fecero e Steele, e Swift, e Addison, e Pope, ed altri".
Colpisce innanzitutto il nuovo rapporto con i lettori, più vicino e colloquiale, quasi si trattasse di chiacchiere libere e tranquille. La rivista incentivava un linguaggio sobrio, legato alla quotidianità d'uso, che non si preoccupasse solo della tradizione classicista al tempo ampiamente di moda. D'altro lato, analizzando il senso delle parole, colpisce il continuo riferimento al bene pubblico e all'utilità, tratto caratteristico dell'Illuminismo lombardo, molto legato al senso pratico dell'agire politico e sociale.
Il Caffè, modelli e obiettivi
Come già accennato, il periodico Il Caffè è stato voluto dai fratelli Verri; vi parteciparono molti intellettuali ("diversi autori"), tra cui Cesare Beccaria. Essi si riunivano nell'Accademia dei Pugni, il cui nome sottolinea la volontà di contrasto polemico rispetto ai grandi temi della società. L'Accademia nasce nel 1761 in modo spontaneo, sempre per volontà dei fratelli Verri, in opposizione alla più moderata ed antica Accademia dei Trasformati, di cui faceva parte ad esempio Giuseppe Parini, e si proponeva di favorire la libera circolazione delle idee.
Il periodico vero è proprio aveva come modello di riferimento The Spectator degli inglesi Addison e Steele, citati fin nell'introduzione. Il titolo, oltre ad alludere al luogo di ritrovo tipico di intellettuali e pensatori, faceva chiaro riferimento all'interesse della rivista peri problemi della vita quotidiana. Iniziò la sua pubblicazione nel 1764. Fino al 1766 i numeri uscirono in modo sistematico, in formato di un foglio (non si deve dunque pensare a una rivista in senso moderno). In ogni numero un intellettuale, anche non italiano, scriveva e pubblicava un trattato. Il Caffè rappresenta, simbolicamente ma anche nella pratica, la partecipazione fisica degli autori alla vita intellettuale della città o del regno; è inoltre la rappresentazione più chiara dell'impegno di divulgazione del pensiero illuminista in Italia. Dalla chiara discussione presente sulla carta doveva scaturire un impegno nell'affrontare i problemi più attuali e sentiti dal pubblico.
L'attività di Pietro Verri
Il più attivo nella rivista fu senza ombra di dubbio Pietro Verri, che scrisse trentatré articoli in due anni, tra cui uno sulla commedia di Goldoni (valutato positivamente per il nuovo modello di prosa che la sua riforma teatrale offriva), a testimoniare per altro l'interesse del periodico anche per la letteratura contemporanea. Verri, nato nel 1728, era filosofo ed economista, molto legato a Cesare Beccaria. Scrisse anche le Osservazioni sulla tortura (usato poi da Manzoni nelle sue opere), in cui si ricollega al testo di Beccaria riprendendone le argomentazioni, e una serie di testi filosofici, tra cui le Meditazioni sulla felicità e il Discorso sull'indole del piacere e del dolore.