Giuida alla vita e alle opere di Lorenzo de' Medici, detto "il Magnifico": figura molto cara al Rinascimento, è stato anch'egli poeta

Nacque nel 1449 da Pietro di Cosimo e morì, simbolicamente, nel 1492, quasi a segnare la fine di un’epoca (il Medioevo) o meglio ad anticiparne una nuova, l’età Moderna. Fu signore di Firenze dal 1469. Riuscì a sfuggire alla congiura dei Pazzi nel 1478. Svolse un ruolo do equilibrio tra le piccole potenza della penisola italiana, e uscì rafforzato dagli scontri con gli altri stati; suo figlio, Giovanni, verrà eletto papa con il nome di Leone X. Tale equilibrio però non gli sopravvisse; già due anni dopo, nel 1494, Carlo VIII entrava in Italia per invaderla.
Oltre che politico, il Magnifico fu anche un letterato. Riaprì l’Università di Pisa e accolse importanti intellettuali, quali Marsilio Ficino e Angelo Poliziano. La sua visione della letteratura è essenzialmente colta, profondamente intrisa della nuova lettura dell’antichità e quindi dei classici, ma che tiene come riferimento principale l’esperienza poetica di Petrarca. In un certo senso, i suoi sono quasi esercizi intellettuali, modi di mostrare la propria grandiosità anche nel campo letterario.
Le opere di Lorenzo de' Medici
Un primo gruppo di opere è raggruppabile come opere poetiche in stile alto (poesia d’amore, filosofica, di imitazione classica). Un secondo gruppo è formato dalle opere in stile basso, come le parodie letterarie. Infine, un terzo gruppo può essere formato dalle poesie d’occasione (canzoni a ballo, composizioni per le ricorrenze religiose), che si collocano a metà tra i due stili.
La sua opera più famosa, divenuta quasi proverbiale, è il Trionfo di Bacco e Arianna, formata da sette stanze di ottonari, un metro cantabile e allegro; in effetti il testo doveva essere musicato e utilizzato per i trionfi, ossia per delle processioni con carri mascherati e allegorici (tale componente è ancora chiaramente percepibile nell’uso dei deittici, come “quest’è Bacco e Arianna”, “Questi lieti satiretti”, etc).
Nel testo si coglie l’invito a una visione più edonistica della vita; Lorenzo dà ampio risalto alla gioia e al piacere, anche se lo sfondo su cui essi si stagliano è, a ben guardare, malinconico e pessimista, visto che “di doman non c’è certezza”:
"Ciascun apra ben gli orecchi,
Di doman nessun si paschi;
oggi siàn, giovani e vecchi,
lieti ognun, femmine e maschi;
ogni tristo pensier caschi:
facciam festa tuttavia".