Riassunto e commento del canto 1 dell'Orlando Furioso, l'inizio dell'avventura dei cavalieri nonché parte fondamentale di tutta l'opera. Guida dettagliata
Il primo canto dell'Orlando Furioso presenta già tutti gli elementi costitutivi dell'opera: riassunto e commento di questi versi, perciò, permetteranno non soltanto di invididuarne la struttura ma anche di fare ulteriori riflessioni sul poema di Ludovico Ariosto.
Il canto inizia con il proemio, in cui, secondo la classica struttura, sono ravvisabili tre elementi: l'esposizione dell'argomento, l'invocazione alla Musa, la dedica. Alla materia è dedicata la prima ottava e mezzo; Ariosto rivendica la novità della sua scelta di trattare la follia di Orlando ("cosa non detta in prosa mai né in rima"); l'invocazione invece è parzialmente sostituita dall'accenno a una donna che ha fatto innamorare il poeta e che spera gli conceda di mantenere il proprio ingegno: si tratta di un chiaro e ironico parallelismo del narratore con il suo protagonista, divenuto pazzo per amore. Altre due ottave sono spese per la dedica a Ippolito d'Este, con la promessa particolare di raccontare, tramite le vicende di Ruggiero, la nascita della casata Estense.
Dopo le quattro ottave proemiali, Ariosto riassume le vicende della trama dell'Orlando innamorato di Boiardo, raccontando in particolare del duello tra Orlando e Rinaldo per Angelica. All'interno si trova uno dei famosi interventi del narratore ("ecco il giudicio uman come spesso erra!"), che commenta ironicamente la vicenda e non teme di farsi beffa dei propri stessi personaggi. Il narratore è infatti un deus ex machina, controlla tutto ciò che avviene e vuole anche presentarci alcuni eventi con uno sguardo distaccato che, appunto, è dato dall'ironia.
La trama del primo canto dell'Orlando Furioso
La narrazione vera e propria comincia con la fuga di Angelica; si tratta di un tratto significativo, perché Angelica nel poema è più o meno sempre inseguita da qualcuno, in quanto rappresenta l'oggetto del desiderio della ricerca di molti cavalieri. Tale ricerca prende il nome di inchiesta, ossia appunto il girovagare per vari luoghi per riuscire a trovare qualcosa che si desidera (può essere un oggetto ma anche, appunto, una persona).
Angelica si imbatte in Rinaldo, che sta cercando Baiardo, il suo cavallo fatato di straordinaria intelligenza, spesso molto maggiore di quella degli umani; la fanciulla si dà subito alla fuga. Nell'ottava 13 si nota in modo chiaro la percezione dello spazio dell'Orlando Furioso: si tratta di uno spazio orizzontale, interamente legato alla Terra, che spesso è labirintico e anche frustrante, perché l'uomo non riesce a dominarlo ("Di su di giù, ne l'alta selva fiera / tanto girò, che venne a una riviera"): insomma, qualcosa di estremamente diverso dalla Divina Commedia.
Sulla riva del fiume Angelica si imbatte in Ferraù, che sta cercando di recuperare il prezioso elmo che gli è caduto in acqua, e che per altro egli ha portato via al fratello di lei, dopo averlo ucciso. Alle urla della ragazza Ferraù abbandona la sua impresa e si getta in sua difesa: ecco rappresentato, dunque, il valore spesso fragile dell'inchiesta, che viene continuamente interrotta.
Mentre Ferraù si batte con Rinaldo, il cavallo di Angelica fugge via; dopo un po' i due decidono di interrompere la lotta, perché è più conveniente che entrambi si dedichino alla ricerca di Angelica. "Oh gran bontà de' cavallieri antiqui!", commenta ironicamente Ariosto. Arrivati a un bivio, i due si dividono (torna lo spazio labirintico). Ferraù arriva nuovamente al fiume e, disperando di ritrovare Angelica, torna a dedicarsi al recupero dell'elmo; gli appare però il fantasma di Argalia, il fratello di Angelica, che gli rammenta la promessa di non prendere il suo elmo. Ferraù decide quindi di andare alla ricerca dell'elmo di Orlando.
A questo punto (ottava 32) Rinaldo ritrova il suo cavallo; ma il narratore blocca il racconto perché vuole tornare a parlare di Angelica ("Segue Rinaldo, e d'ira si distrugge: / ma seguitiamo Angelica che fugge"), che, giunta in una radura, si riposa.
Arriva però Sacripante il quale, non visto, si lamenta per il fatto di non essere riuscito a possedere Angelica; sul suo lamento ad un certo punto il narratore stende un velo ("che non mi par bisogno esser racconte") che rapresenta un esplicito richiamo alla razionalità e al ruolo che un cavaliere dovrebbe mantenere. Angelica decide di sfruttare la situazione e di farsi scortare da Sacripante, e si dichiara ancora vergine. "Forse era ver, ma non però credibile / a chi del senso suo fosse signore": il narratore avanza dei dubbi sull'illibatezza di Angelica, ma non ne è certo. Arriva un misterioso cavaliere (che in realtà è Bradamante, una donna), che si batte con Sacripante, lo vince e poi torna a cavalcare lungo la sua strada. Sacripante e Angelica si incamminano e si imbattono in Baiardo; decidono di prenderlo, ma sopraggiunge Rinaldo.
Il distico finale dell'ultima ottava ("Quel che seguì tra questi duo superbi / vo' che per l'altro canto si riserbi") è segno della chiara percezione della struttura scritta dell'opera.
Angelica si imbatte in Rinaldo, che sta cercando Baiardo, il suo cavallo fatato di straordinaria intelligenza, spesso molto maggiore di quella degli umani; la fanciulla si dà subito alla fuga. Nell'ottava 13 si nota in modo chiaro la percezione dello spazio dell'Orlando Furioso: si tratta di uno spazio orizzontale, interamente legato alla Terra, che spesso è labirintico e anche frustrante, perché l'uomo non riesce a dominarlo ("Di su di giù, ne l'alta selva fiera / tanto girò, che venne a una riviera"): insomma, qualcosa di estremamente diverso dalla Divina Commedia.
Sulla riva del fiume Angelica si imbatte in Ferraù, che sta cercando di recuperare il prezioso elmo che gli è caduto in acqua, e che per altro egli ha portato via al fratello di lei, dopo averlo ucciso. Alle urla della ragazza Ferraù abbandona la sua impresa e si getta in sua difesa: ecco rappresentato, dunque, il valore spesso fragile dell'inchiesta, che viene continuamente interrotta.
Mentre Ferraù si batte con Rinaldo, il cavallo di Angelica fugge via; dopo un po' i due decidono di interrompere la lotta, perché è più conveniente che entrambi si dedichino alla ricerca di Angelica. "Oh gran bontà de' cavallieri antiqui!", commenta ironicamente Ariosto. Arrivati a un bivio, i due si dividono (torna lo spazio labirintico). Ferraù arriva nuovamente al fiume e, disperando di ritrovare Angelica, torna a dedicarsi al recupero dell'elmo; gli appare però il fantasma di Argalia, il fratello di Angelica, che gli rammenta la promessa di non prendere il suo elmo. Ferraù decide quindi di andare alla ricerca dell'elmo di Orlando.
A questo punto (ottava 32) Rinaldo ritrova il suo cavallo; ma il narratore blocca il racconto perché vuole tornare a parlare di Angelica ("Segue Rinaldo, e d'ira si distrugge: / ma seguitiamo Angelica che fugge"), che, giunta in una radura, si riposa.
Arriva però Sacripante il quale, non visto, si lamenta per il fatto di non essere riuscito a possedere Angelica; sul suo lamento ad un certo punto il narratore stende un velo ("che non mi par bisogno esser racconte") che rapresenta un esplicito richiamo alla razionalità e al ruolo che un cavaliere dovrebbe mantenere. Angelica decide di sfruttare la situazione e di farsi scortare da Sacripante, e si dichiara ancora vergine. "Forse era ver, ma non però credibile / a chi del senso suo fosse signore": il narratore avanza dei dubbi sull'illibatezza di Angelica, ma non ne è certo. Arriva un misterioso cavaliere (che in realtà è Bradamante, una donna), che si batte con Sacripante, lo vince e poi torna a cavalcare lungo la sua strada. Sacripante e Angelica si incamminano e si imbattono in Baiardo; decidono di prenderlo, ma sopraggiunge Rinaldo.
Il distico finale dell'ultima ottava ("Quel che seguì tra questi duo superbi / vo' che per l'altro canto si riserbi") è segno della chiara percezione della struttura scritta dell'opera.