Analisi del sonetto In morte del fratello Giovanni di Ugo Foscolo, con riferimento a metrica, contesti e temi
Il sonetto di Ugo Foscolo In morte del fratello Giovanni è uno dei più famosi dell'autore, assieme a A Zacinto e Alla sera. Fu composto nel 1802, e l'occasione è abbastanza chiara: l'anno precedente, nel 1801, il giovane fratello Giovanni Dionigi, che faceva parte dell'esercito con il grado di tenente, si era suicidato a causa dei debiti di gioco. Il sonetto fu composto per ultimo. Data la brevità , è utile riportare il testo per procedere con il commento.
Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo
di gente in gente; mi vedrai seduto
su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
il fior de’ tuoi gentili anni caduto:
La madre or sol, suo dì tardo traendo,
parla di me col tuo cenere muto:
ma io deluse a voi le palme tendo;
e se da lunge i miei tetti saluto,
sento gli avversi Numi, e le secrete
cure che al viver tuo furon tempesta;
e prego anch’io nel tuo porto quiete:
Questo di tanta speme oggi mi resta!
straniere genti, l’ossa mie rendete
allora al petto della madre mesta.
Lo schema rimico è ABAB ABAB CDC DCD e presenta dunque la rima alternata sia nelle quartine sia nelle terzine. Per un eventuale commento, si deve anzitutto tenere presente che il modello quasi esplicito è il carme 101 di Catullo, Multas per gentes et multa per aequora vectus, che viene ripreso, soprattutto nella prima parte, con chiarissimi riferimenti lessicali e riprese di ritmo; tuttavia la vista della tomba a Catullo suscitava una serie di riflessioni legate quasi al rapporto fraterno, che qui invece passa in qualche modo in secondo piano.
I temi del sonetto
Il sonetto ripropone alcuni dei temi tipici della poesia di Foscolo, come si può osservare anche sottolineando le immagini, i termini e le espressioni che possiamo definire ricorrenti: la madre, i Numi avversi, la dialettica tempesta-quiete, la speranza (speme) ormai delusa e non più recuperabile, solo per fare alcuni esempi.
In particolare, è forte il parallelo tra l'esilio e la tomba; la visita del luogo di sepoltura del fratello genera nel poeta una riflessione sul suo esilio, che vive appunto quasi come una sorta di morte per l'impossibilità di vivere ciò che più desidera, e i pensieri più nefasti, come la percezione appunto dell'avversità dei Numi, si scatenano a partire dal parallelo con la quiete e il riposo che il fratelli al contrario vive.
Foscolo è, nuovamente, un eroe sradicato, un esule (come Dante Alighieri) che dalla percezione della lontananza dal nucleo famigliare (il fratello, la madre) arriva a includere la lontananza dalla patria; la tomba diventa quindi un luogo di ricongiungimento simbolico con entrambe, famiglia e patria, e l'occasione per proiettare un'unica pace possibile solo nella morte. Qualcosa però è diverso rispetto all'omologa riflessione condotta in Alla sera: la morte porta la pace di una morte "lacrimata" che, essendo compresa e vissuta dai propri cari, diventa il momento del ricongiungimento, riflessione che poi l'autore svilupperà in modo del tutto particolare nei Sepolcri.