Riassunto dettagliato del Decadentismo in Italia: quali temi, quali contesti e quali autori? Ecco una guida completa!
Il Decadentismo italiano va collocato all’interno di un più ampio quadro della letteratura di fine Ottocento. Nel 1886, infatti, viene fondata in Francia la rivista Le Décadent: il titolo assume su di sé una precisa valutazione spregiativa che era stata data nei confronti della poesia simbolista e dei cosiddetti poeti maledetti, come Charles Baudelaire, Arthur Rimbaud, Stephane Mallarmé e Paul Verlaine. Essere definiti decadenti divenne, quindi, un privilegio spirituale da manifestare nei confronti degli altri uomini.
Verlaine, in particolare, si identifica con l’atmosfera di stanchezza della fine dell’Impero Romano, da intendersi come chiusura di un’epoca e, appunto, come decadenza, come si legge chiaramente in uno dei suoi testi più famosi, Languore:
"Sono l’Impero alla fine della decadenza,
che guarda passare i grandi Barbari bianchi
componendo acrostici indolenti dove danza
il languore del sole in uno stile d’oro".
Da questo nocciolo, se così si può dire, nasce poi una tendenza e una sensibilità molto più vasta, che coinvolge l’Europa e arriva fino al Novecento: la possiamo ad esempio ben identificare anche nelle opere in prosa, come À rebours di Huysmans (1884).
Il Decadentismo e la concezione della realtÃ
Il Decadentismo è caratterizzato da un visione irrazionale e mistica. Nasce come sentimento di protesta nei confronti del Positivismo e del metodo di indagine puramente razionale che aveva finito coll’influenzare anche la letteratura; il rifiuto si estende, naturalmente, anche nei confronti della borghesia, ossia la classe sociale che ha fatto del Positivismo la sua ideologia ufficiale. Secondo i poeti simbolisti, la ragione non è in grado di spiegare tutto.
La realtà non è solo ciò che si vede, ma c’è un mistero più profondo e nascosto, che non può essere immediatamente percepito. Fra le cose, però, ci sono delle corrispondenze, che per via simbolica riescono a far intuire il senso mistico della realtà . Solo pochi uomini sono in grado di afferrare tali corrispondenze e a unire i simboli; tale procedimento non è di ordine razionale, ma coinvolge piuttosto l’intuito e tutte e cinque le sfere sensoriali. Pensando alla letteratura italiana, l’esempio più chiaro è fornito dal testo di Giovanni Pascoli, L’assiuolo: il canto dell’uccello, inizialmente percepito come una semplice “voce nei campi”, diventa via via sempre più inquietante; esso si percepisce solo per via uditiva, poiché il rapace non si rivela mai alla vista, e diventa infine un “pianto di morte”.
Tornando al Decadentismo in generale, è da sottolineare l’inizio di una precisa percezione, ossia la scoperta dell’inconscio, codificata pochi anni più tardi da Freud. Esso viene per ora inteso solo come fascino tenebroso di una realtà interiore che, però, non può essere ulteriormente compresa.
Gli autori del Decadentismo in Italia
La sensibilità decadente si riscontra in Italia nelle due autori maggiori di Giovanni Pascoli e Gabriele d’Annunzio, anche se nessuno dei due in realtà rappresenta perfettamente il movimento così come viene inteso in Francia. In Pascoli si ritrova il procedimento conoscitivo per via simbolica e analogica e l’idea della decadenza di un’epoca, a cui però il poeta oppone il nido famigliare come vincolo di unione. In alcuni testi di d’Annunzio, invece, si ritrova proprio la sensibilità decadente e l’amore per il disfacimento e la lenta consunzione: l’esempio più evidente è costituito da una delle Laudi, Nella belletta, laddove viene colto l’aspetto della corruzione propria dell’estate, con il fango dello stagno che gorgoglia e la frutta che sta marcendo.
"Nella belletta i giunchi hanno l’odore
delle persiche mezze e delle rose
passe, del miele guasto e della morte".
Rappresentante del Decadentismo italiano può essere considerato anche Antonio Fogazzaro, che però in una seconda fase della sua scrittura si avvicinò al movimento del modernismo e quindi lasciò maggiore spazio alla tematica religiosa.