Guida alle poesie più importanti e all'opera di Gabriele D'Annunzio: commento dei testi principali, con riferimenti precisi alla sua biografia
Gabriele d'Annunzio è stato un poeta estremamente versatile, che ha saputo e voluto sperimentare continuamente nel corso della sua vita. Alla base di tutto, si deve cogliere in lui la volontà di stupire e di affascinare, che può essere chiaramente intesa sin dagli esordi, quando, in occasione dell'uscita della sua prima raccolta, Primo vere, appena sedicenne fa pervenire ai giornali locali la falsa notizia della sua morte, in modo da suscitare interesse attorno alla presunta uscita postuma dell'opera. Dimostra, in questo modo, la chiara volontà di costruire se stesso come un personaggio, volontà che troviamo sia nei romanzi (il caso più chiaro è la figura di Andrea Sperelli nel Piacere) sia nel suo mito.
Non si deve dimenticare, infatti, che d'Annunzio è un uomo pubblico, il primo vero divo della società contemporanea: grande fascino generò trai contemporanei la relazione con Eleonora Duse, una famosissima attrice di teatro e poi di cinema muto. A di là dei sentimenti, che qui non importano, d'Annunzio impiegò la propria relazione come oggetto d'arte, inserendone dapprima il mito all'interno dell'opera (l'Ermione de La pioggia nel pineto non è altri che la Duse) ma sfruttandolo poi anche nella costruzione della propria leggenda. Nel suo studio del Vittoriale, sul lago di Garda, conservava un busto della Duse, che era solito coprire quando scriveva per non essere turbato dalla sua bellezza. L'episodio è significativo di un modo di intendere la scrittura; del resto, per comprendere fino in fondo l'autore, è necessario esplorarlo anche attraverso i suoi oggetti, le sue vicende e l'immagine che egli desiderava costruire di sé.
Nelle prime raccolte sperimentò la metrica barbara di Carducci ed espresse subito i temi che poi saranno ricorrenti nelle sue opere: l'idea di salute e di forza nell'uomo che si coniuga con una forte espressione della femminilità; le prime influenze del Decadentismo, di cui si fece in un secondo momento uno dei due più alti interpreti, assieme a Giovanni Pascoli; e poi l'estetismo.
L'estetismo nella poesia di d'Annunzio
Proprio l'estetismo è probabilmente il termine chiave per comprendere il nocciolo centrale della sua poesia. Per d'Annunzio il verso è tutto: nel verso si esprime l'essenza della poesia, che è primariamente suono, melodia, musica, catena di significanti che comunicano direttamente all'anima i significati più profondi. L'arte è il valore supremo a cui ambire; è la risposta alla volgarità del mondo borghese, che d'Annunzio disprezza. Il poeta deve comprendere che la vita si regola sul concetto di bello, non di buono; per questo vale il motto "l'arte per l'arte", che riprende l'ars gratia artis latino: la poesia infatti non deve dedicarsi alla vita, ma alla letteratura (con una straordinaria intuizione sul mondo postmoderno). Importante è ancora, in lui, l'idea che il poeta sia un vate, un personaggio mitico che si esprime primariamente attraverso l'azione: in questo senso l'impresa di Fiume e, prima, l'impresa su Vienna vanno intese come momenti di poesia, come celebrazioni del suo personaggio di artista in grado di soggiogare le folle, che per altro disprezza ma della cui attenzione ha bisogno.
Le Laudi come espressione più completa della poesia
L'espressione più completa della sua poesia si ha nelle Laudi (il titolo completo è Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi), una raccolta non compiuta che avrebbe dovuto comporsi di sette libri, di cui d'Annunzio ha portato a termine i primi quattro. Si dedicò con impegno e ardore all'opera, giungendo a comporre diecimila versi in cinque anni. Le Laudi avrebbero dovuto diffondere il verbo del Vate, essere quindi il punto massimo della sua espressione; i sette libri portano ciascuno il titolo delle Pleiadi. Nel 1903 pubblica i primi tre (Maia, Elettra, Alcyone) e nel 1912 Merope. Alcyone, in particolare, è la raccolta più importante e più studiata: negli ottantotto testi d'Annunzio tratta un unico tema, l'estate, secondo sfumature e tempi diversi. Si parte dall'inizio della stagione e si arriva alla sua conclusione ("Settembre, andiamo: è tempo di migrare"). Questo per obbedire al principio della variazione e non della varietà: il tema è sempre lo stesso, cambia il modo del canto, così da mostrare l'abilità del poeta.
I temi ricorrenti sono la fusione panica con la natura, ossia il completo scioglimento dell'uomo all'interno della natura e il suo assorbimento in essa, e il vitalismo, ossia l'espressione anche gioiosa nella vita. L'uomo è ormai visto come puro istinto, privo di strutture politiche. Il soggetto è in contatto panico con la natura e si basta da solo, ignora totalmente la realtà contemporanea e le sue dinamiche. In tal modo si avvia a una condizione divina. Nel panismo avviene una sorta di immedesimazione sensuale con gli elementi naturali, da intendersi anche, come il titolo suggerisce, come elementi puri (l'acqua, l'aria) fino alla scomparsa del soggetto, che non ha più bisogno di dire "io" per essere legittimato a fare poesia. Ciò è possibile perché l'io del poeta è immenso e non ha più confini; la sua parola è potente ed evocativa, ed è persino in grado di regolare lo scorrere della natura e il ciclo degli elementi (può ad esempio fra sorgere la luna). Per usare un'espressione tecnica, si può dire che in Alcyone ci sia una tregua del, non dal superuomo: sono presenti infatti i temi derivati dal filosofo Nietsche, ma sono messi come in disparte per esplorare altri elementi e campi.