Guida alla poetica e alla poesia di Giosuè Carducci, vate del neonato Regno d'Italia
Giosue Carducci è forse uno degli esempi migliori da cui partire se si vuole comprendere l’alterno gioco della fortuna critica. La sua poetica infatti viene oggi poco studiata a scuola, mentre nel passato egli era considerato uno degli autori più importanti del percorso di studi. Un esame critico deve partire dal riconoscimento dell’alto ruolo culturale che egli ha ricoperto, sviluppando quindi la centralità della sua figura all’interno del contesto in cui si è trovato a operare, ossia l’età post-unitaria. Tre sono probabilmente i punti su cui soffermarsi: scorriamoli in modo separato.
Innanzitutto, il magistero critico. Carducci è stato infatti un insegnate universitario e ha costituito per molto tempo, probabilmente fino alla piena affermazione di Croce, il metodo di riferimento per lo studio della letteratura. La sua è la critica storica: compito del critico è infatti la ricostruzione del background dell’autore, del contesto storico appunto, che va ricercato con attenzione e narrato. Carducci critica l’idea di De Sanctis, profondamente idealista, e rifiuta che si possa esprimere un giudizio estetico sul testo; semmai, compito del critico è di avvalersi di strumenti più “scientifici”, quali la metrica e la filologia, e ricostruire quindi l’apparato che gravita attorno al testo. Ciò che emerge è che il testo non si può interpretare, ma solo scomporre e analizzare. La scrittura critica di Carducci è famosa per la veemenza con cui si esprime; ecco un esempio:
"Così il Pecorile de l’Arcadia disnerva la Italia con un cretinismo peggiore della secentistica audacia.
La poetica di Giosuè Carducci, vate del Regno d'Italia
In secondo luogo, la poetica. Carducci venne considerato il poeta vate del nascente Regno d’Italia; nella seconda parte della sua carriera, infatti, si convertì a posizioni filo monarchiche e divenne il cantore del nuovo regno, senza dimenticare però l’esaltazione del progresso, tipica del Positivismo. Divenne in un certo qual modo il cantore ufficiale degli ideali della borghesia, anche se non mancò di esplicitare alcuni motivi anticlericali (ad esempio nel famoso Inno a Satana, che probabilmente gli valse il Nobel). Importante è poi il recupero delle forme della tradizioni, anche desuete, ed è per questo che si può parlare per Carducci di poesia della letteratura: molti critici non riconoscono nei suoi testi l’espressione di un sentimento cristallino, ma la mediazione dello stesso attraverso le forme della tradizione.
La metrica barbara
Infine, la metrica barbara. Carducci tentò un esperimento che è poi alla base della metrica libera del Novecento. Egli cercò di riprodurre, unendo metri tradizionali, le forme della metrica latina, che però non si basavano sugli accenti, come quelle italiane, ma sull’alternanza di sillabe lunghe e brevi, generando metri che non avevano sempre la stessa lunghezza. Si può verificare con facilità, se si conosce la lettura metrica latina, che
"Surge nel chiaro inverno la fosca turrita Bologna"
ha lo stesso ritmo di
"Arma virumque cano, Troiae qui primus ab oris"
ossia di un esametro. I nuovi metri non rispondevano a forme preconfezionate e consentirono quindi la nascita del metro libero.