Riassunto e commento del saggio Il Fanciullino di Giovani Pascoli, cuore di tutta l'opera del poeta novecentesco

Secondo Pascoli, dentro ciascuno di noi c’è un fanciullino, ossia uno spirito puro, giocoso, legato all’osservazione della realtà . Il fanciullino è colui che dà il nome alle cose, che si stupisce continuamente (“tiene fissa la sua antica segreta meraviglia”); così riesce anche a cogliere oltre il fenomeno reale, riuscendo a piangere e ridere senza un perché “di cose che sfuggono ai nostri sensi e alla nostra ragione”. È evidente, insomma, il suo ruolo irrazionale, tipico del simbolismo e poi del decadentismo.
Il fanciullino, oltre a nominare le cose e quindi permettere l’appropriazione della realtà , comportandosi come Adamo, riesce anche a scoprire “nelle cose le somiglianze e relazioni più ingegnose”, secondo un’idea che ricorda naturalmente Charles Baudelaire. Gli oggetti sono importanti perché sono simbolo di qualcos’altro; attraverso la conoscenza del termine preciso per identificare un oggetto, anche naturale, si giunge al cuore della realtà e si sprofonda nell’abisso della verità .
Il poeta si chiede anche se tutti possiedano il fanciullino. La risposta è sì, ma non tutti lo sanno ascoltare, perché troppo presi da altre occupazioni: tace dunque nel professore, nel banchiere, nel contadino, nell’operaio; ma è in ciascuno di loro, e permetterà quindi di avvicinarsi alla profondità del testo poetico. È il poeta però a essere superiore, perché riesce a spingere oltre lo sguardo, laddove gli altri non possono.
Il valore della poesia, secondo Giovanni Pascoli
Pascoli sottolinea anche il valore morale e sociale della poesia, poiché induce alla bontà e alla fratellanza, secondo un’idea cara al poeta di un socialismo generico ed edulcorato. Considera quindi utile la scrittura, chiaro lascito della letteratura positivista. Del resto è proprio dal Positivismo che il poeta prende le mosse, com’è evidente nel suo amore per la precisione terminologica; supera però quest’idea con il decadentismo, arrivando a ritenere che la scienza non può tutto, e in particolare si deve arrendere alla mancanza di gerarchie della realtà , alla sua composizione disgregata e frantumata. Se è vero che sulla terra domina il male, è anche vero che la sofferenza può insegnare.