Riassunto e commento del saggio Il Fanciullino di Giovani Pascoli, cuore di tutta l'opera del poeta novecentesco
Il fanciullino è un testo saggistico di Giovanni Pascoli, pubblicato per la prima volta nel 1897 sul Marzocco e poi ripubblicato nel 1903 in volume in una versione rivista.
Secondo Pascoli, dentro ciascuno di noi c’è un fanciullino, ossia uno spirito puro, giocoso, legato all’osservazione della realtà . Il fanciullino è colui che dà il nome alle cose, che si stupisce continuamente (“tiene fissa la sua antica segreta meraviglia”); così riesce anche a cogliere oltre il fenomeno reale, riuscendo a piangere e ridere senza un perché “di cose che sfuggono ai nostri sensi e alla nostra ragione”. È evidente, insomma, il suo ruolo irrazionale, tipico del simbolismo e poi del decadentismo.
Il fanciullino, oltre a nominare le cose e quindi permettere l’appropriazione della realtà , comportandosi come Adamo, riesce anche a scoprire “nelle cose le somiglianze e relazioni più ingegnose”, secondo un’idea che ricorda naturalmente Charles Baudelaire. Gli oggetti sono importanti perché sono simbolo di qualcos’altro; attraverso la conoscenza del termine preciso per identificare un oggetto, anche naturale, si giunge al cuore della realtà e si sprofonda nell’abisso della verità .
Il poeta si chiede anche se tutti possiedano il fanciullino. La risposta è sì, ma non tutti lo sanno ascoltare, perché troppo presi da altre occupazioni: tace dunque nel professore, nel banchiere, nel contadino, nell’operaio; ma è in ciascuno di loro, e permetterà quindi di avvicinarsi alla profondità del testo poetico. È il poeta però a essere superiore, perché riesce a spingere oltre lo sguardo, laddove gli altri non possono.
Il valore della poesia, secondo Giovanni Pascoli
Pascoli sottolinea anche il valore morale e sociale della poesia, poiché induce alla bontà e alla fratellanza, secondo un’idea cara al poeta di un socialismo generico ed edulcorato. Considera quindi utile la scrittura, chiaro lascito della letteratura positivista. Del resto è proprio dal Positivismo che il poeta prende le mosse, com’è evidente nel suo amore per la precisione terminologica; supera però quest’idea con il decadentismo, arrivando a ritenere che la scienza non può tutto, e in particolare si deve arrendere alla mancanza di gerarchie della realtà , alla sua composizione disgregata e frantumata. Se è vero che sulla terra domina il male, è anche vero che la sofferenza può insegnare.