Guida al Verismo in letteratura italiana, con riferimento ai temi e ai suoi due principali autori: Giovanni Verga e Luigi Capuana
Il Verismo italiano è la risposta, o meglio la prosecuzione ideale, del Naturalismo francese. Prima Flaubert e poi Zola danno il via in Francia a una nuova idea di romanzo, che diventa uno strumento scientifico di analisi del reale e si pone come modello di rappresentazione di ciò che ci circonda: Flaubert, appunto, descrive la sua volontà di attenersi al “documento umano”, che poi in Zolà diventerà analisi scientifica e rigorosa (come spiega ne Il romanzo sperimentale, 1880).
Tali novità vengono lette in Italia secondo due chiavi di lettura diverse. A Milano si accentuano gli aspetti di sinistra dei romanzieri francesi, e quindi la loro carica sociale e la loro intenzione di rappresentare i caratteri più umili della società . Al Sud, invece, e in particolare in Sicilia, il naturalismo si incrocia con il percorso artistico di due intellettuali conservatori, Giovanni Verga e Luigi Capuana. In entrambi i casi, però, non è corretto parlare del Verismo come di un movimento organizzato, piuttosto come di un metodo di creazione letteraria che ha radici teoriche molto chiare e non perviene mai a un vero manifesto.
Luigi Capuana, teorico del Verismo
Luigi Capuana è in un certo senso il teorico del Verismo italiano. Parte recensendo Zola e criticando alcuni aspetti delle sue idee: secondo Capuana, infatti, il nucleo della scrittura deve rimanere comunque l’Arte e non il valore sociale della letteratura, altrimenti si finisce per svilirne il valore. La letteratura non può essere soggetta alle scienze; in questa idea si evince la lontananza dal Positivismo radicale e l’adesione, piuttosto, a modelli idealistici della teoria della letteratura, tipicamente italiani:
"Un’opera d’arte non può assimilarsi un concetto scientifico che alla propria maniera, secondo la sua natura d’opera d’arte. […] Il positivismo, il naturalismo esercitano una vera e radicale influenza sul romanzo contemporaneo, ma soltanto nella forma, e tal influenza si traduce nella perfetta impersonalità di quest’opera d’arte".
Giovanni Verga e il pessimismo dell'impersonalitÃ
Giovanni Verga è, in qualche modo, il più rigoroso del gruppo nell’ideazione e nella realizzazione delle opere veriste; sperimenta infatti varie forme e giunge a comprendere che la scienza può in effetti insegnare qualcosa alla letteratura, cioè il metodo di analisi e di indagine. Il narratore, quindi, deve estraniarsi dalla vicenda e lasciare che i fatti parlino da sé, che i personaggi sembrino essersi fatti da soli. L’impersonalità deve essere rigorosa e il pensiero personale non può mai essere tradito; addirittura, come ne I Malavoglia, il narratore può essere sostituito da un coro di voci popolari, anche molto distanti dal background di chi scrive.
Si nasconde, dietro un’impostazione metodologica di questo tipo, una profonda idea pessimistica: l’autore in realtà non ha il diritto di giudicare i suoi personaggi e la vicenda che racconta, perché comunque dovrebbe arrendersi all’evidenza che il più forte vince sempre, e tale aspetto è immutabile. La letteratura può solo studiare la realtà , ma non può cambiarla (come invece, in fondo, pensavano di fare i Naturalisti).
Andrà detto che un altro protagonista del Verismo può essere considerato Federico De Roberto, autore de I Viceré; ma, tutto sommato, si può osservare che gli esperimenti veristici muoiono assieme ai loro rappresentanti; una nuova idea, decisamente più affascinante, quella decadente, si sta facendo posto nel panorama letterario italiano. Alcune suggestioni verranno comunque riprese nel Novecento, da autori come Antonio Fogazzaro.