Guida all'uso dell'indicativo dei verbi italiani, con classificazione dei tempi e approfondimento dei vari contesti
In questo approfondimento vogliamo passare in rassegna i principali usi dell'indicativo dei verbi italiani, con particolare riferimento ai tempi: sappiamo che l'indicativo è un modo del verbo e che dispone di ben otto tempi (presente, passato prossimo, imperfetto, trapassato prossimo, passato remoto, trapassato remoto, futuro semplice e futuro anteriore), così come sappiamo che questo è il modo della realtà e dell'oggettività .
Realtà e oggettività sono due concetti molto importanti, che vanno tenuti ben distinti da quello di soggettività , perché molto spesso la differenza tra indicativo e congiuntivo si gioca proprio in questo ambito (anche in quello dell'incertezza); vediamo un esempio di oggettività e uno di soggettività :
- Piove
- Penso che piova
La prima frase ci fa capire che sta piovendo; la seconda, invece, che non è sicuro e che la deduzione appartiene al soggetto parlante (e il verbo è coniugato al congiuntivo presente).
Gli usi dell'indicativo presente
Precisata questa differenza, arriviamo all'indicativo presente: generalmente lo si utilizza per esprimere contemporaneità tra il momento dell'azione e il momento in cui si parla: "è piovuto" è passato, perché l'azione precede il momento in cui diciamo che piove; "piove", invece, è presente, perché momento dell'azione e momento della parola coincidono.
- Non sempre, però, quanto detto viene rispettato: se diciamo, per esempio, "vado ogni domenica al mare", non parliamo di contemporaneità ma di iteratività , vale a dire di azione ripetuta; il presente, in questo caso, è detto "presente iterativo";
- Un altro tipo di presente è il "presente acronico", tipico dei proverbi (es. "Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino");
- Un presente molto diffuso è quello che viene usato invece del futuro: diciamo, in effetti, "domani vengo a scuola" e non "domani verrò a scuola", quando parliamo con qualcuno, anche in contesti piuttosto sorvegliati; è definito "presente pro futuro";
- Terminiamo con il "presente storico", che è l'esatto opposto del presente pro futuro: lo si utilizza in luogo del passato, soprattutto in particolari circostanze (per esempio, per raccontare una fiaba o anche nella prosa storica): "A un certo punto il cavaliere prende la spada e ferisce il nemico" ne è un esempio (avremmo potuto dire "A un certo punto il cavaliere prese la spada e ferì il nemico).
L'indicativo passato: prossimo, remoto e imperfetto
Nell'indicativo rientrano anche il passato prossimo ("è piovuto") e il passato remoto ("piovve"), a cui abbiamo già dedicato un dettagliato approfondimento; lo stesso vale per l'imperfetto ("pioveva"), di cui abbiamo analizzato tutti i contesti di utilizzo.
L'uso dei trapassati prossimo e remoto
Qui vale la pena soffermarsi sui restanti quattro tempi, vale a dire su trapassato prossimo e remoto, nonché su futuro semplice e anteriore.
- Il trapassato prossimo ("aveva piovuto") viene usato per collocare un'azione prima di una già collocata in un contesto passato; vediamo un esempio: "Le disse quello che aveva già detto a Michele"; qui "che aveva già detto a Michele" si colloca prima di "le disse quello" e l'uso del trapassato prossimo è ovviamente corretto.
- Per il trapassato remoto ("ebbe piovuto") valgano le stesse osservazioni, con la precisazione che questo tempo si utilizza soprattutto quando l'altro verbo (per intenderci, il "disse" della proposizione precedente) è un passato remoto. Oggi è in disuso e spiccatamente letterario, se non nelle proposizioni temporali.
I futuri semplice e anteriore
Terminiamo la nostra rassegna sull'indicativo dei verbi italiani, trattando del futuro semplice e anteriore: il primo indica un'azione collocata nel futuro, rispetto al momento in cui si parla; ne è un esempio la frase "andrò da Marco, solo quando avrà fatto ciò che gli ho detto"; qui, però, troviamo anche il futuro anteriore, che non tutti sanno usare ma che è bene conoscere perfettamente: questo tempo si utilizza quando si vuole esprimere un'azione precedente a quella espressa con il futuro semplice; la frase in questione dice esattamente che il soggetto andrà da Marco, solo dopo che questi avrà fatto ciò che gli è stato detto: in altri termini, prima Marco deve fare qualcosa e poi il soggetto gli si presenterà davanti.
Gli usi del futuro semplice
Precisata questa importante differenza, vediamo i principali tipi di indicativo futuro semplice:
- Futuro iussivo, quando rappresenta un'esortazione, se non un vero e proprio ordine: "Me lo farete tutti, ne sono certo!";
- Futuro attenuativo, quando rende meno diretta un'affermazione: "Saprà senz'altro dei pettegolezzi nei suoi confronti..." invece di "Sa quali sono i pettegolezzi che circolano sul suo conto, no?"
- Futuro retrospettivo, che "in un contesto al passato - si legge in Italiano. Grammatica, sintassi, dubbi del linguista Luca Serianni - indica la posteriorità di un evento rispetto a un altro: 'Dunque, questa degli incendi fu una buona estate [...]. Più tardi, Cosimo dovrò capire che', ecc (Calvino)".
Considerazioni finali
Alcune raccomandazioni, in conclusione: in alcune lingue - per esempio il sanscrito o il greco - è giusto dire "presente indicativo", cioè collocare il tempo prima del modo, visto che la grammatica di tali idiomi era basata sul concetto di tempo; non che la nostra o quella del latino, per esempio, non lo siano, ma noi ragioniamo più in termini di modalità dell'azione che non di tempo: insomma, è preferibile dire "indicativo presente" e non "presente indicativo" perché è la prima (la modalità ) a prevalere sul secondo (il tempo).
Non dimenticate, infine, che le classificazioni dei vari usi dei tempi dell'indicativo hanno uno scopo puramente teorico: si può scrivere bene, in altri termini, anche senza conoscere le sottogliezze di cui questo approfondimento abbonda.