Saggio breve svolto sul Principe di Machiavelli con argomento il rapporto fra virtù e morale nell'ottica del principe virtuoso
Quello che vi proponiamo oggi è un saggio breve sul Principe di Niccolò Machiavelli, dopo avervi fornito, nel corso dei giorni precedenti, una serie nutrita di riassunti sui singoli capitoli, commentati, ovviamente, nei loro aspetti e punti principali. In questo saggio breve ci concentreremo sul rapporto che il principe tratteggiato da Machiavelli deve intrattenere con la virtù e la morale. Nel corso del saggio – che ricordiamo essere a tutti gli effetti un testo argomentativo – sosterremo la tesi secondo la quale lo scrittore, sebbene talvolta caldeggi apertamente vie poco o affatto morali, non può essere assurto a campione dell'immoralità. Supporteremo inoltre la nostra tesi con una serie di argomentazioni, a loro volta corroborate da estrapolazioni letterali dall'opera.
Vi abbiamo spiegato nel dettaglio - e se seguite Linkuaggio lo sapete bene - come si svolge un saggio breve a partire da alcuni documenti; i documenti che vi forniremo per fare bene un saggio breve sul Principe di Machiavelli sono tratti da alcuni capitoli del suo trattato (anche se, in sede di verifica, potrebbero proporvi pure commenti di qualche critico o stralci di qualche testo di letteratura: la sostanza, comunque, non cambia). Vediamoli subito:
Ma, [es]sendo l’intento mio scrivere cosa utile a chi la intende, mi è parso più conveniente andare dietro alla verità effettuale della cosa, che alla immaginazione di essa. E molti si sono immaginati repubbliche e principati che non si sono mai visti né conosciuti essere in vero; perché [...] colui che lascia quello che si fa per quello che si dovrebbe fare, impara più tosto la rovina che la perservazione sua. - Il Principe, capitolo XV
Nasce da questo una disputa: s’elli è meglio essere amato che temuto, o e converso. Rispondesi che si vorrebbe essere l’uno e l’altro; ma perché elli è difficile accozzarli insieme, è molto più sicuro essere temuto che amato, quando si abbia a mancare dell’uno de’ dua […] Debbe non di manco el principe farsi temere in modo, che, se non acquista lo amore, che fugga l’odio; perché può molto bene stare insieme esser temuto e non odiato. - Il Principe, capitolo XVII
Era tenuto Cesare Borgia crudele; non di manco quella sua crudeltà aveva racconcia la Romagna, unitola, ridottola in pace et in fede. Il che se si considerrà bene, si vedrà quello essere stato molto più pietoso che il populo fiorentino, il quale, per fuggire el nome del crudele, lasciò destruggere Pistoia. - Il Principe, capitolo XVII
Sendo adunque, uno principe necessitato sapere bene usare la bestia, debbe di quelle pigliare la golpe e il lione; perché il lione non si defende da’ lacci, la golpe non si difende da’ lupi. Bisogna, adunque, essere golpe a conoscere e’ lacci, e lione a sbigottire e’ lupi. [...] E, se li uomini fussino tutti buoni, questo precetto non sarebbe buono; ma perché sono tristi, e non la osservarebbano a te, tu etiam non l’hai ad osservare a loro. - Il Principe, capitolo XVIII
Introduzione del saggio breve sul Principe di Machiavelli
Proposti i documenti e fatta questa doverosa premessa, veniamo subito all'introduzione del saggio breve su Machiavelli:
Trovatosi costretto ad abitare un albergaccio, allontanato con forza bruta dalla vita politica e culturale di Firenze a causa di vecchi attriti con la Signoria in carica, Machiavelli decise di lasciare un solco personale nella storia, concentrando tutta la sua perizia politica nel noto trattato Il Principe. Il suo destinatario/narratario è selettivamente il principe, precipuo beneficiario di insegnamenti maturati in molti anni di faticoso studio e strenua partecipazione alla vita comunale.
Lo svolgimento del saggio breve sul Principe: virtù e morale, la volpe e il leone
L'introduzione è breve, poiché, rifacendoci ai vari documenti proposti dalla traccia, arriveremo subito al dunque, sviluppando i vari aspetti del saggio:
Il trattato si ascrive così al genere degli specula principum – operette didascaliche e moraleggianti, di varia forma e struttura, che mirano ad istruire il regnante sui suoi doveri – ma con questi Machiavelli polemizza, a cominciare proprio dalla scelta dei precetti: i suggerimenti di Machiavelli sono smaccatamente pratici e concreti, fruibili più per la loro garantita efficacia che per la soavità dei contenuti, che talvolta virano con disarmante sicurezza in irriverente provocazione. Si rigetta con una certa veemenza l'astrattismo utopistico e scollato dalla realtà che certi trattatisti propugnano; è istruttivo, a tal proposito, il capitolo XV del Principe:
Ma, [es]sendo l’intento mio scrivere cosa utile a chi la intende, mi è parso più conveniente andare dietro alla verità effettuale della cosa, che alla immaginazione di essa.
Quando poi Machiavelli s'impone di sciogliere una volta su tutte l'ostica e nodosa questione circa cosa sia meglio per un principe, se essere temuto o amato, lo fa con piglio deciso e ancora una volta pragmatico. Secondo l'autore, in una situazione ottimale, il governante deve essere temuto quanto basta per assicurarsi reverenza e completa docilità da parte dei sudditi e dei rivali politici, ma non al punto da suscitarne l'odio e, irrimediabilmente, la sedizione. Notiamo quindi che l'autore tiene in alta considerazione il sistema tradizionale dei valori (la pace è una condizione sociale migliore della guerra; il sangue non va versato inutilmente e, quando è possibile accontentare il popolo, bisogna farlo) ed è molto riguardoso dei delicati equilibri che muovono la società: non auspica mai una tirannide fraudolenta, non si crogiola nella violenza. Coi suoi strumenti teorici nemmeno si permette di risolvere in maniera definitiva – ma al massimo circostanziale – l'atavica tensione tra il giusto e l'utile. Questo basterebbe a scagionarlo da una accusa plenaria di immoralità:
[…] Debbe non di manco el principe farsi temere in modo, che, se non acquista lo amore, che fugga l’odio; perché può molto bene stare insieme esser temuto e non odiato. - Il Principe, capitolo XVII
La tenuta e la stabilità del principato spinge Machiavelli a esaltare figure tutt'altro che morali: per fare un esempio, ricordiamo i termini a tratti elogiativi coi quali Machiavelli presenta la vicenda controversa di Oliverotto da Fermo, Alessandro VI per la precisione, che ottenne il dominio su Fermo attraverso una spregevole insidia: un banchetto, nel quale radunò tutta la nobiltà cittadina e influente, al termine del quale sgorgarono litri di sangue (anche dalle vene di suo zio materno, ex tutore). Ricordiamo altresì la menzione di un ulteriore personaggio contemporaneo, riferimento all'attualità che gli costò scandalo e piogge di critiche proprio per il tono per nulla asseverato con il quale lo chiama in causa: parliamo del sanguinoso Cesare Borgia:
Era tenuto Cesare Borgia crudele; non di manco quella sua crudeltà aveva racconcia la Romagna, unitola, ridottola in pace et in fede. - Il Principe, capitolo XVII
Quello che tratteggia l'autore è comunque un mondo di lupi: un mondo materiale e disincantato; un ammasso di individui per i quali non si riesce a provare alcuna fiducia o simpatia e sui quali Machiavelli è pronto a dichiarare, senza troppi complimenti, che condurrebbero a morte un genitore pur di non finire sul lastrico. A questo sistema corrotto il principe deve rispondere con maniera altrettanto smaliziata, sviluppando, se necessario, una comoda ambivalenza - bipolarità degli atteggiamenti - che Niccolò presenta attraverso due felici paragoni zoologici: quando si tratta di piegare le resistenze con la forza bruta e mostrare muscoli d'acciaio il principe deve esibire il coraggio di un leone, attaccando solo frontalmente e valorosamente, per non dar modo alle maldicenze di mettere in discussione la sua virile autorità; quando invece la situazione è tanto delicata da richiedere una soluzione astuta e obliqua, allora si prepari a sfoderare la furbizia di una volpe, a sostituire l'agguato allo scontro aperto, la trappola alla battaglia, il veleno alla spada; per contenere soprattutto i danni e mietere meno vittime di quante ne comporterebbe una vittoria onorevole. Ed è gestendo con perizia queste due nature che il principe ha modo di dimostrare la sua virtù, come precisa nel capitolo XVIII:
Sendo adunque, uno principe necessitato sapere bene usare la bestia, debbe di quelle pigliare la golpe e il lione; perché il lione non si defende da’ lacci, la golpe non si difende da’ lupi. Bisogna, adunque, essere golpe a conoscere e’ lacci, e lione a sbigottire e’ lupi. - Il Principe, capitolo XVIII
Conclusione del saggio sul Principe
Il nostro saggio breve sul Principe di Machiavelli termina con i seguenti due paragrafi, in cui si fa il punto di quanto asserito in precedenza:
Se si accompagna questa visione fondamentalmente pessimista dell'uomo che esprime l'autore alla consapevolezza che Il Principe nasce come innanzitutto trattato tecnico-politico e non teoretico – e pertanto ha valenza principalmente pratica e scarsamente filosofica - la condanna di immoralità si ridimensiona automaticamente (cosa che, tra l'altro, fa lo stesso Machiavelli nel momento in cui costella l'opera di commenti come quello succitato, volti a stemperare l'arditezza delle sue opinioni).
Niente affatto promotore di uno sregolato nichilismo - come invece è stato considerato da molta critica -, se contestualizzato a dovere, Il Principe si rivela un'opera complessa nei contenuti e misurata nelle asserzioni, mai semplicistica o meramente propagandistica: una raccolta di opinioni personali, più o meno valide o attuali, che non aspirano a divenire una seconda Bibbia ma che vanno prese per quello che sono: pareri di uomo politico amareggiato dalla prassi corrotta e trasformista, un privato cittadino ha scontato sulla sua pelle per tutta la cittadinanza il malcostume fiorentino.
Ora avete a disposizione un saggio breve sul Principe ben strutturato: cercate non solo di copiarlo ma anche di prenderne spunto per fare temi o saggi magari un po' diversi ma comunque affini. In bocca al lupo!
La foto è tratta da Pixabay.com