Le poesie per un figlio morto che abbiamo scelto di includere in questa raccolta sono prese quasi completamente dal bellissimo repertorio della letteratura italiana. Spesso la poesia si fa portatrice di sentimenti universali e la speranza è che in questi versi voi possiate trovare un po' di sollievo
Dedicare una poesia a un figlio morto è senz'altro uno dei comportamenti tipici di un genitore che si è visto strappare sua figlia o suo figlio dalla morte. La letteratura e la poesia (e l'arte in generale) hanno il dono di leggere le nostre emozioni, i nostri stati d'animo, di leggerci dentro insomma e di interpretare quello che stiamo vivendo anche senza conoscerci. Ecco perché l'arte, seppur nelle sue infinite sfaccettature, è universale: riesce a capire l'uomo a prescindere da tutto. Abbiamo scelto queste poesie per un figlio morto principalmente dal repertorio che ci offre la letteratura italiana e abbiamo pensato di riportare (e commentare) non solo le poesie sulla morte di un figlio ma anche quelle sulla morte in generale.
La morte è la curva della strada (Fernando Pessoa)
La poesia che più ci colpisce sulla morte è quella di Fernando Pessoa, La morte è la curva della strada, dove il poeta con una serie di figure retoriche racconta che la morte e la vita si mescolano tra loro e che la prima in fin dei conti corrisponde solo a non essere visto perché se ascolto i tuoi passi li sento esistere come io esisto. Nessuno mai si è smarrito dopo la morte perché tutto è verità e tutto e passaggio. Un testo stupendo, che spinge a riflettere sul fatto che la paura della morte forse non è giustificata (per quanto legittima): nessuno si smarrisce con la morte, anzi forse si ritrova.
La morte è la curva della strada,
morire è solo non essere visto.
Se ascolto, sento i tuoi passi
esistere come io esisto.
La terra è fatta di cielo.
Non ha nido la menzogna.
Mai nessuno s’è smarrito.
Tutto è verità e passaggio.
Pianto Antico (Giosuè Carducci)
Affronta direttamente in una poesia il tema della morte del figlio Giosuè Carducci, il poeta vate del secolo XIX che perse il figlio Dante quando aveva soli tre anni. La morte avvenne il 9 novembre 1870 e il poeta inserisce questo componimento nelle sue Rime nuove: nella poesia dedicata al figlio morto è evidente il contrasto esistente tra le prime due strofe, in cui il melograno ha fiori vermigli ed è ristorato dal clima estivo di giugno, e le seconde due, dove il fior della pianta percossa e inaridita (cioè il figlio di Giosuè Carducci) è in una terra fredda, dalla quale neanche l'amore potrà risvegliarlo.
Una poesia commovente, una delle più belle di Carducci, che però trascura una delle cose più belle della morte: la liberazione dalla vita terrena e l'inizio di una vita eterna, dove l'amore di Dio rasserena e nutre tutte le anime. Ne trovate il commento dettagliato qui.
L’albero a cui tendevi
La pargoletta mano,
Il verde melograno
Da’ bei vermigli fior,
Nel muto orto solingo
Rinverdí tutto or ora
E giugno lo ristora
Di luce e di calor.
Tu fior de la mia pianta
Percossa e inaridita,
Tu de l’inutil vita
Estremo unico fior,
Sei ne la terra fredda,
Sei ne la terra negra;
Né il sol più ti rallegra
Né ti risveglia amor.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (Cesare Pavese)
Cesare Pavese è uno degli scrittori più brillanti di tutto il Novecento: un personaggio complesso, che dedica la raccolta Verrà la morte e avrà i tuoi occhi all'amata Constance Dowling. La poesia quindi non è dedicata a un bambino, a un figlio o a una figlia, ma a una donna, i cui occhi sono quelli della morte.
La lettura critica e contestualizzata della poesia è questa ma leggendola senza conoscere la vita di Pavese, la sua depressione e il suo disagio esistenziali, e il suo risentimento nei confronti di una donna che lo abbandonò la si può interpretare come una profonda poesia sulla morte.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.
Morte del bambino (Rabindranath Tagore / Rabíndranáth Thákhur)
Questa poesia di Rabíndranáth Thákhur (Rabindranath Tagore in inglese) si rivolge direttamente alla Natura. Il figlio morto è stato tolto a una madre che con questa perdita ha perduto tutto: perché tu, Natura - dice il poeta -, tu che hai tutto, cielo, stelle, foreste e oceani, hai voluto strappare un bambino alla mamma? Una natura potente dunque ma crudele, contro cui il poeta si scontra.
Era vivo, rideva,
camminava e giocava.
Natura, prendendolo che hai avuto?
Tu hai milioni
di uccelli colorati,
foreste, stelle, oceani,
il cielo infinito.
Perché l’hai strappato
dal s*no della madre,
l’hai nascosto in seno alla terra
e l’hai ricoperto di fiori?
O Potente Natura
di miriadi di stelle e di fiori,
hai rubato un bambino!
S’è forse ingrandito
il tuo tesoro infinito?
Hai così aumentato d’un granello
La tua felicità?
Eppure, un cuore di mamma,
immenso come il tuo,
con la perdita del bambino
ha perduto tutto!
Addio! (Giovanni Pascoli)
Tra le poesie per un figlio morto ci sentiamo di inserire anche Addio!, componimento che fa parte dei Canti di Castelvecchio scritti da Giovanni Pascoli, un autore affascinante per il suo linguaggio fanciullesco, dolce nella sua scrittura, empatico e coinvolgente, uno dei poeti emblematici di tutto il Novecento.
In questo componimento il poeta soffre per la sua mancata paternità, che rende ancor più terribile la destinazione inevitabile dell'uomo alla morte, alla quale il poeta non può sottrarsi neanche pensando di rivivere attraverso la vita dei suoi figli. La poesia è suggestiva: le rondini che vanno via, l'orto appassito, i morti eroi... tutte figure retoriche potenti che ci hanno spinto a inserire la poesia in questa raccolta dedicata ai figli che non ci sono più.
Dunque, rondini rondini, addio!
Dunque andate, dunque ci lasciate
per paesi tanto a noi lontani.
È finita qui la rossa estate.
Appassisce l’orto: i miei gerani
più non hanno che i becchi di gru.
Dunque, rondini rondini, addio!
Il rosaio qui non fa più rose.
Lungo il Nilo voi le rivedrete.
Volerete sopra le mimose
della Khala, dentro le ulivete
del solingo Achilleo di Corfù.
Oh! se, rondini rondini, anch’io…
Voi cantate forse morti eroi,
su quest’albe, dalle vostre altane,
quando ascolto voi parlar tra voi
nella vostra lingua di gitane,
una lingua che più non si sa.
Oh! se, rondini rondini, anch’io…
O son forse gli ultimi consigli
ai piccini per il lungo volo.
Rampicati stanno al muro i figli
che al lor nido con un grido solo
si rivolgono a dire: Si va?
Dunque, rondini rondini, addio!
Non saranno quelle che le case
han murato questo marzo scorso,
che a rifarne forse le cimase
strisceranno sopra il Rio dell’Orso,
che rugliava, e non mormora più.
Dunque, rondini rondini, addio!
Ma saranno pur gli stessi voli;
ma saranno pur gli stessi gridi;
quella gioia, per gli stessi soli;
quell’amore, negli stessi nidi:
risarà tutto quello che fu.
Oh! se, rondini rondini, anch’io…
io li avessi quattro rondinotti
dentro questo nido mio di sassi!
ch’io vegliassi nelle dolci notti,
che in un mesto giorno abbandonassi
alla libera serenità!
Oh! se, rondini rondini, anch’io…
rivolando su le vite loro,
ritrovando l’alba del mio giorno,
rimurassi sempre il mio lavoro,
ricantassi sempre il mio ritorno,
mio ritorno dal mondo di là!
Le nostre poesie per un figlio morto erano queste: sono cinque componimenti diversi, che a loro modo però possono interpretare molti stati d'animo. Potete trovare altro anche qui:
- Lettera a un figlio morto da parte di una mamma o di un papà;
- Lettera da scrivere a una mamma che ha perso il figlio;
- Pensieri sparsi per un figlio morto;
- Altre dediche per un figlio morto;
- Frasi sulla morte e frasi sulla Resurrezione.
Linkuaggio continua ad esistere anche grazie a voi, perciò se volete lasciare un commento o una vostra poesia da dedicare a un figlio morto o in generale a chi non c'è più non esitate a farlo: spesso è condividendo che si può trovare sollievo in una giornata che sembra non finire mai.
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