David Hume , come ogni empirista che si rispetti, priva la ragione di quella esagerata importanza che le è stata affibbiata. Elevata a me...
David Hume, come ogni empirista che si rispetti, priva la ragione di quella esagerata importanza che le è stata affibbiata. Elevata a metodo esclusivo di giudizio e paragone, è considerata strumento unico e imprescindibile per seguire la vera morale, quella che guida alla felicità e allo stare bene con noi stessi e con gli altri. Per il filosofo, invece, la ragione è sì importante, ma non sempre determinante in ogni azione o passione: Hume crede che la causa delle nostre scelte e dei nostri voleri sia solo la morale.
La ragione è, e deve solo essere, schiava delle passioni, e non può rivendicare in nessun caso una funzione diversa da quella di obbedire e di servire ad esse (dal Trattato sulla natura umana)
Essa non dipende dalla ragione. Sono religione e società a imporre le regole, quasi come fossero dogmi assoluti da cui è impossibile prescindere, ma per Hume non sono queste le artefici della morale: loro creano nell'uomo la paura di giungere nel mondo degli Inferi oppure di essere condannato a vivere dietro alle sbarre di una cella. La vera morale è l'unica ha dettare le leggi, vive all’interno di ogni uomo e cerca in tutti i modi di comunicare con lui - un po' come ciò che sosteneva Kant -, che, però, è completamente assorto nella e distorto dalla osservanza di leggi di istituzioni non autentiche.
La bontà di un’azione deve essere il frutto di una volontà naturale: valutarla non spetta né alla società né alla religione, dato che l’uomo è sempre consapevole di fare del bene o del male grazie alla simpatia che lo lega agli altri suoi simili. La morale, perciò, è naturale e nasce da un sentimento che, facendoci sentire uniti con il prossimo, ci permette di comprendere la natura benigna o maligna di ogni nostra azione in base alla felicità o alla infelicità che provochiamo negli altri.