Le vocali italiane non sono soltanto "a" "e" "i" "o" "u" , né sono solo cinque, se cons...
Le vocali italiane non sono soltanto "a" "e" "i" "o" "u", né sono solo cinque, se considerate la distinzione tra "e" e "o" aperte e chiuse; ci sono, infatti, delle vocali "strane", non per i linguisti, chiaramente, ma per i "non addetti ai lavori": non essendo la fonetica un argomento molto trattato, difficilmente ne avrete sentito parlare nel corso degli anni di studio. Il concetto, comunque, è piuttosto semplice.
Il nome di questa vocale "strana" è "schwa" o "scevà" - si pronuncia come è scritto e non improvvisando suoni strani - ed è presente non tanto nella lingua italiana quanto nei dialetti; questa vocale è chiamata indistinta e può essere rappresentata in vari modi: o con una e capovolta - ə - oppure con il simbolo ë; definita anche "e muta", il suo suono è debolissimo, quasi impercettibile ("scevà" vuol dire proprio "insignificante"): seguendo questo link, ne troverete la riproduzione perfetta e non avrete più dubbi.
Presente in molte lingue, la vocale indistinta è diffusissima in inglese: pensate, per esempio, alla pronuncia della prima a in apart, liar, oppure a quella della u di supply, circus e così via; il suono può anche sostituire un gruppo di grafemi, come avviene, ad esempio, a our di favour e a eou di righteous. E se volete qualche esempio vicino a voi, nessun problema: la pronuncia di mammeta prevede in napoletano l'indebolimento non solo della "e", ma anche della "a" finale; ci sono, quindi, ben due suoni indistinti.
Sulla scevà le posizioni assunte dai linguisti non sono unanimi: alcuni, per esempio, non vogliono chiamarla "indistinta"; altri, invece, pensano che esista più di una schwa; il dibattito, insomma, è ancora aperto. L'importante, però, è avere chiare le basi.