' Bilinguismo ' e ' diglossia ' sono due parole note soprattutto a coloro che vivono in comunità all'interno delle qu...
'Bilinguismo' e 'diglossia' sono due parole note soprattutto a coloro che vivono in comunità all'interno delle quali si utilizzano più lingue, in modi talvolta differenti; talaltra, no. Ci sono delle città (o delle aree più estese), insomma, in cui non è solo la lingua italiana ad essere utilizzata in quanto lingua ufficiale; prendete in considerazione, a titolo d'esempio, la Valle d'Aosta, dove si parla e si scrive sia in francese sia in italiano.
Ma procediamo per gradi: la lingua della nostra Penisola è l'italiano; questo non significa, però, che il governo non abbia trovato nel corso del tempo delle soluzioni per la tutela di alcune importanti minoranze linguistiche, affrontando, talvolta, anche parecchi problemi legati all'istruzione dei nuovi parlanti, e arrivando alla definizione dell'articolo 6 della Costituzione, che recita: 'La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche'. In particolare, la legge italiana non solo tutela ma valorizza anche 'la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi,
catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il
francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il
sardo'.
Se in uno stesso paese i parlanti sono in grado di utilizzare due o più varietà linguistiche, che hanno lo stesso prestigio, parliamo di 'bilinguismo'. Se, invece, esistono più varietà linguistiche, ma queste vengono utilizzate in modo complementare, e cioè l'una per funzioni più 'alte' e l'altra per funzioni più 'basse', parliamo di 'diglossia'. In questo caso, la prima varietà è definita 'acroletto'; la seconda, 'basiletto'. Utilizzare la parola 'varietà ' e non 'lingua' è preferibile, perché potrebbe anche succedere che uno dei due codici linguistici in questione sia il dialetto, che, pur avendo una grammatica ben precisa, non può essere considerato lingua per motivi socio-politici (e non solo).
Non è ovvio che la diglossia non sia un fatto solo ed esclusivamente moderno, anzi: nel Medioevo, per esempio, il latino rappresentava la varietà più alta, essendo utilizzato in contesti, per così dire, 'ufficiali'; le lingue romanze - italiano, francese, spagnolo e via dicendo -, invece, rappresentavano quella bassa, essendo parlate soltanto in contesti meno controllati: le conversazioni di tutti i giorni, per esempio. Ma si potrebbe andare anche più indietro nel tempo: tra le tante ipotesi legate all'evoluzione del latino e alla nascita dell'italiano, per dirne una, ha acquisito non poca importanza proprio quella diglottica (secondo la quale, in estrema sintesi, la nostra lingua deriverebbe dalla varietà più bassa di latino parlata in un contesto in cui esisteva anche una varietà alta). Un esempio più semplice, invece, può essere fornito facendo riferimento ai nostri tempi: fermo restando che questa generalizzazione ammette parecchie eccezioni, si può dire che fuori di casa il parlante è più portato a usare l'italiano e all'interno delle mura domestiche, invece, in dialetto (o magari una lingua diversa, se parliamo di famiglie di immigrati).
In Italia, il bilinguismo è tipico del Trentino Alto-Adige, il cui Statuto all'art. 99 precisa che:
'Nella regione la lingua tedesca è
parificata a quella italiana che è la lingua ufficiale dello Stato. La
lingua italiana fa testo negli atti aventi carattere legislativo e nei
casi nei quali dal presente statuto è prevista la redazione bilingue'.
Anche lo Statuto del Friuli Venezia Giulia tutela le minoranze linguistiche, pur non facendo riferimento a gruppi etnici precisi:
'Nella Regione è riconosciuta parità di diritti e di trattamento a
tutti i cittadini, qualunque sia il gruppo linguistico al quale
appartengono, con la salvaguardia delle rispettive caratteristiche
etniche e culturali'.
Lo stesso si può dire della Valle d'Aosta, il cui Statuto all'art. 38 stabilisce che:
'[...] La lingua francese è
parificata a quella italiana. Gli atti pubblici possono essere redatti
nell’una o nell’altra lingua, eccettuati i provvedimenti dell’autoritÃ
giudiziaria, i quali sono redatti in lingua italiana'.
Infine, per la Sardegna, la cui lingua è tutelata dalla Legge Regionale n. 26 del 15 ottobre 1997. La difesa e la valorizzazione, inoltre, riguardano il catalano di Alghero, il tabarchino delle isole del Sulcis, il dialetto sassarese e quello gallurese.
Ci sono molte realtà linguistiche, ma sono senz'altro queste le più importanti e conosciute. Il discorso fatto finora riguarda, ovviamente, non solo l'Italia ma anche tutti quegli stati, o meglio, comunità , in cui i rapporti sociali (e quindi linguistici) sono complessi per una serie notevole di ragioni (immigrazione, confini territoriali, storia del paese e via dicendo). I cambiamenti che coinvolgono la lingua, insomma, non dipendono solo dai suoi parlanti, ma anche dall'esterno, dalle altre lingue con cui entra in contatto.