Gli studi sulle lingue e il linguaggio umano hanno dimostrato che l'esposizione del bambino in età puerile ai suoni dell' italian...
Gli studi sulle lingue e il linguaggio umano hanno dimostrato che l'esposizione del bambino in età puerile ai suoni dell'italiano, nel nostro caso, è indispensabile per il suo pieno apprendimento. In questo modo la capacità innata dell'uomo di acquisire la lingua L1 (vale a dire la prima tra quelle che ha appreso) viene sviluppata, infatti, nel migliore dei modi.
Può sembrare strano parlare di 'innatismo', di predisposizione genetica al linguaggio, ma non lo è affatto: ci sono dei casi documentati di ragazzi che, trovati in cattività , non hanno più potuto apprendere un idioma. Uno tra questi è il ragazzo selvaggio di Aveyron, trovato in un bosco nel 1799, in condizioni animalesche; il medico Jean-Marc Itard cercò di insegnargli la lingua nel corso di parecchi anni, forse convinto (e speranzoso) di riuscirci, grazie all'esperienza maturata nel campo; questo, però, non successe: il ragazzo di Aveyron imparò poche parole, certo, ma mai la grammatica. Oggi è quasi scontato dire, insomma, che soltanto in età puerile il bimbo può apprendere appieno la L1 e non solo: il discorso, infatti, vale anche per la seconda lingua.
La premessa è piuttosto corposa, ma è necessaria per parlare della Lingua dei Segni, lo strumento che hanno a disposizione i sordi per comunicare tra loro. Quanto detto potrebbe sembrare una contraddizione con ciò che è stato scritto all'inizio: se i sordi non possono sentire, non possono essere esposti ad alcun tipo di lingua. Come potrebbero mai apprendere, dunque, la LIS (Lingua dei Segni Italiana)? La risposta è più semplice di quanto pensiate: quando si parla di esposizione a un idioma, non si fa riferimento soltanto a una lingua dotata di suoni, ma a un qualsiasi sistema dotato di una grammatica. Visto che quello che molti considerano un guazzabuglio di gesti, sbagliando senza alcun dubbio, segue delle regole ben precise, è chiaro che debba essere considerato una lingua a tutti gli effetti. La differenza è una: il sordo usa le mani (e la faccia); noi usiamo principalmente l'aria, che passa attraverso le corde vocali, e diversi articolatori (fissi, come il velo palatino; mobili, come la lingua).
Le ricerche sulla LIS si sono sviluppate negli ultimi decenni, a partire dagli anni Ottanta, nonostante già venti anni prima William C. Stokoe, scrivendo Sign Language Structure: An Outline of the Visual Communication System of the American Deaf, avesse riconosciuto il segno come entità linguistica, perfettamente scomponibile in unità minime, alla base, ovviamente, della comunicazione tra sordi.
Come 'parlano' i sordi? Sicuramente in modo diverso da noi. I parametri da prendere in considerazione, a tal proposito, sono quattro: l'orientamento del palmo della mano; la sua configurazione (vale a dire la forma che questa assume nel fare un segno); lo spazio entro cui il movimento viene compiuto, e il movimento stesso. Per maggiore chiarezza, l'esempio riportato da Marina Nespor, professore di Linguistica Generale a Ferrara, e Donna Jo Napoli, che, invece, insegna negli Stati Uniti d'America, nel libro L'Animale Parlante è perfetto:
'Vediamo ora come viene interpretato un messaggio attraverso i segni. Teniamo le mani aperte e rilassate l'una di fianco all'altra nello spazio davanti a noi all'altezza del torace e con i palmi rivolti verso il basso. Separiamo le mani, muovendole verso i lati. Se queste indicazioni sono adeguate, abbiamo prodotto il segno della LIS che significa CAMPO. Facciamo adesso lo stesso movimento con la stessa configurazione delle mani, ma questa volta con i palmi orientati verso il torace e con le punte delle dita verso l'interno. Abbiamo prodotto il segno che significa CONFINE'. L''orientamento del palmo della mano' è proprio questo. Ma continuiamo.
'Diamo dei colpetti leggeri con il dito indice della mano destra sul labbro inferiore, lasciando le altre dita della mano rilassate o raccolte in un pugno non molto stretto [...]. Abbiamo prodotto il segno per ROSSO. Facciamo adesso la stessa cosa, ma con il dito medio. Abbiamo prodotto il segno per ROSA'. L'esempio riportato fa capire cosa si intende per 'configurazione della mano'.
Per comprendere il parametro 'movimento', '[...] teniamo le mani nello spazio davanti al torace, una accanto all'altra, ad una distanza di qualche centimetro e con le punte dei due indici rivolte in avanti. Giriamo ora i polsi in modo che le punte degli indici si rivolgano al cielo per poi tornare nella posizione iniziale. Questo è il segno per DIFENDERE. Se invece cominciamo con le due mani nella stessa configurazione, nello stesso luogo e anche con lo stesso orientamento, ma questa volta separate di circa venti centimetri, e ravviciniamo le mani finché si toccano, otteniamo il segno per CORTO. In altre parole anche il movimento è distintivo di significato'.
Comprendere l'ultimo parametro non è difficile: il 'luogo' indica quella parte dello spazio in cui si segna ('segnare' è, in LIS, l'equivalente di 'parlare').
In questa trattazione si è voluto privilegiare soltanto l'aspetto fonetico - nell'ambito del quale, tra l'altro, assumono molta importanza anche le espressioni facciali -, proprio per mettere in evidenza che, nonostante l'assenza di suoni, la Lingua dei Segni Italiana è governata da regole ben precise, che costituiscono una vera e propria grammatica. Ma quest'ultima, come sapete, non è data soltanto da aspetti fonetici; bensì, anche da morfologia, sintassi, semantica e lessico, sottosistemi che la LIS non trascura minimamente. In altri termini, anche i sordi distinguono linguisticamente un plurale e un singolare, un femminile e un maschile e così via: esiste, dunque, una flessione ben precisa (e non solo, ovviamente).
Va da sé, anche se non è scontato, che un tale sistema non rappresenta una una lingua artificiale - non è stata creata, cioè, ad hoc, come il linguaggio di programmazione -, ma una lingua storico-naturale, che è soggetta a continui cambiamenti e a notevoli variazioni di natura diatopica (un sordo della Sardegna, per fare un esempio, non segnerà mai allo stesso modo di un sordo della Spagna) e non solo.
Nel corso degli anni si è cercato di
avvicinare sempre di più la LIS alla lingua italiana e ai suoi
meccanismi, tant'è che oggi si può parlare persino di Italiano Segnato,
che identifica un idioma la cui struttura grammaticale segue quella
della nostra lingua. Le ricerche sono tantissime e il campo di studi
sterminato, visto che l'interesse per un tale sistema linguistico, come
si è detto, è emerso soltanto nell'ultimo ventennio; prima, il tasso di
discriminazione era altissimo e l'impreparazione di chi pretendeva di
insegnare qualcosa ai bimbi sordi (che, molto spesso, non essendo stati sottoposti al test uditivo, vengono scoperti con considerevole ritardo), altrettanta.
Secondo alcuni, però, gli studi hanno le ore contate: la diffusione di un impianto cocleare, un apparecchio che imita la funzione dell'orecchio nel nervo uditivo, sta permettendo alla comunità dei sordi di comunicare oralmente, senza ricorrere ad alcun segno. Chissà se hanno ragione la Nespor e la Jo Napoli quando scrivono che 'da un punto di vista linguistico, le lingue dei segni sono destinate a diventare, come tante lingue orali [che, cioè, non sono scritte ndr], lingue in via d'estinzione'. Ce lo si potrebbe augurare, ma la domanda pare legittima: un sordo vuole davvero dimenticare i segni