Nel Corso di linguistica generale Ferdinand De Saussure , capostipite indiscusso dello Strutturalismo , si sofferma su concetti che ha...
Nel Corso di linguistica generale Ferdinand De Saussure, capostipite indiscusso dello Strutturalismo, si sofferma su concetti che hanno segnato la storia della linguistica, non senza scatenare dibattiti, diatribe e polemiche. Il linguista muore prima dell'uscita del libro - il Corso non è altro che una raccolta degli appunti degli allievi ginevrini più brillanti del maestro -; è stato molto spesso sottoposto, dunque, a interpretazioni scorrette, visto che non c'è stato un intervento correttivo da parte del diretto interessato né avrebbe potuto esserci un confronto con chi dava una lettura parziale e tendenziosa a certe affermazioni.
I concetti messi in evidenza da Ferdinand De Saussure sono diversi; il più importante è senz'altro la differenza tra 'langue' e 'parole', che appartengono a due sfere opposte: la prima, astratta; la seconda, invece, concreta. Per avere maggiori chiarimenti in questo senso, potete consultare l'approfondimento sui 'foni', i 'fonemi' e le regole di Trubeckoj, qui proposto in estrema sintesi: possiamo dire che a un suono, una /a/ per esempio, corrispondono tante produzioni quante sono le persone al mondo; ogni parlante, infatti, pronuncerà una [a] diversa, influenzato da una serie considerevole di variabili; la prima /a/ è collocabile in un livello 'astratto'; la seconda [a], invece, in un livello 'concreto'.
Lo stesso vale per 'langue' e 'parole', termini che vanno rigorosamente mantenuti in francese, anche se hanno la rispettiva traduzione italiana. La prima è strutturata secondo una grammatica ed è stata convenzionalmente stabilita (non nasce, insomma, dal caos né tantomeno ad esso è soggetta); è un fatto sociale, dunque: un sistema di riferimento per ogni singolo parlante o scrivente. L'atto di 'parole', invece, è un fatto individuale, perché è rappresentato dalle singole produzioni di ognuno, a tutti i livelli linguistici; per dirla in riferimento alla dicotomia astratto-concreto, è la 'concretizzazione' della 'langue'.
Tutti sappiamo, per esempio, che alla parola albero corrisponde un'immagine ben precisa; ci accorgiamo, perciò, quando qualcuno la utilizza in modo sbagliato o inappropriato; quando 'produciamo' la parola albero, rendendola 'concreta', realizziamo un atto di 'parole'. Nel primo caso, invece, siamo ancora nel livello della 'langue'. Ancora: a livello astratto, c'è una lingua, quella italiana per esempio; a livello concreto ci sono sottoinsiemi potenzialmente infiniti, che corrispondo alle produzioni dei parlanti, le quali, se prese singolarmente, non potranno mai e poi mai cambiare la 'langue'.
Citando dal Corso di linguistica generale:
'È un oggetto ben definito nell’insieme eteroclito dei
fatti di linguaggio [la 'langue' ndr]. La si può localizzare nella parte determinata del
circuito in cui un’immagine uditiva si associa a un concetto. È la
parte sociale del linguaggio, esterna all’individuo, che da solo non può
né crearla né modificarla; essa esiste solo in virtù d’una sorta di
contratto stretto tra i membri della comunità. [...] Mentre il linguaggio è eterogeneo, la lingua così
delimitata è di natura omogenea: è un sistema di segni in cui essenziale
è soltanto l’unione del senso e dell’immagine acustica ed in cui le due
parti del segno sono egualmente psichiche. [...] Inoltre i segni della lingua sono, per dir così, tangibili; la
scrittura può fissarli in immagini convenzionali, mentre sarebbe
impossibile fotografare in tutti i loro dettagli gli atti della parole;
la produzione fonica di una parola, per quanto piccola, comporta una
infinità di movimenti muscolari estremamente difficili da conoscere e da
raffigurare. Nella lingua, al contrario, non v’è altro che l’immagine
acustica, e questa può tradursi in una immagine visiva costante...'.