Il nostro riassunto sul capitolo XXV del Principe di Machiavelli: una sintesi completa per capire a fondo la tematica di questa parte del trattato politico cinquecentesco
Iniziamo il riassunto del capitolo XXV del Principe di Niccolò Machiavelli con l'informazione più importante di quelle che potremmo darvi e che sicuramente inserisce tale sezione dell'opera all'interno di un disegno più ampio e complesso: nel capitolo numero 25 il tema è quello della fortuna, legato soprattutto alla capacità dell'uomo di contrastarla con la sua virtù; si tratta - aggiungiamo - di un capitolo molto interessante e che vi converrà studiare bene prima di copiare (o prendere spunto) il nostro saggio sull'autore. Ma veniamo al dunque.
Il titolo latino, apposto dall'autore, è Quantum fortuna in rebus humanis possit, et quomodo illi sit occurendum (quanto la fortuna possa nelle vicende umane, in quale modo la si debba contrastare).
Secondo Machiavelli, molti uomini pensano che ciò che accade loro sia determinato dalla fortuna o da Dio, e quindi non si possa fare nulla, ma solo accettare quello che succede; invece, la metà di ciò che ci accade dipende da noi stessi. Lo spiega con una similitudine: la fortuna è come un fiume in piena, che travolge ciò che incontra, ma da cui tuttavia ci si può almeno in parte proteggere se per tempo si saranno costruiti degli argini per limitare i danni. Tali argini sono chiamati, fuor di metafora, "ordinata virtù". La fortuna, infatti, può cambiare, cambiando così il destino di un principe: è meglio perciò che il principe "riscontri", cioè adegui, le sue azioni alle circostanze del suo tempo.
Il nostro riassunto sul capitolo XXV del Principe non può che continuare con una prassi consolidata nell'opera del nostro: Machiavelli porta a questo punto un esempio storico, Papa Giulio II, che agì in modo impetuoso, dominando la scena politica ed approfittando delle situazioni che la fortuna gli aveva messo davanti, riuscendo a ottenere sempre il meglio. Ciò conduce l'autore a una seconda metafora: "la fortuna è donna ed è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla". Meglio dunque essere "impetuoso" che "respettivo", perché la fortuna, come le donne, è più amica dei giovani, che sono più feroci e la comandano con maggiore audacia.
In questo capitolo, naturalmente, è importante l'immagine della fortuna, che si discosta dall'idea medievale e riprende piuttosto quella di Boccaccio: la fortuna è un insieme di eventi imprevedibili, casuali, ma l'uomo può fare qualcosa con la propria virtù, e in particolare con la propria capacità di prevedere il corso degli eventi ed essere preparato a tutto quello che può accadere. Tale caratteristica, naturalmente, è fondamentale per il principe che voglia mantenere il suo stato: secondo Machiavelli, osservando la situazione italiana si può notare bene come non ci sia stata tale capacità di previsione.
Come è tipico della sua analisi, l'autore parte dalla realtà effettuale del presente per poi allargare la sua riflessione e inserirla in un discorso più generale, che ha a che fare con la natura stessa dell'uomo. La capacità di opporsi alla fortuna è legata, nella seconda parte del capitolo, alla capacità di adeguarsi alla situazione in cui ci si trova: ritorna il grande tema, sotteso, della golpe e del lione e delle due modalità con cui il principe può affrontare la vita politica. Nella parte finale, poi, attraverso la metafora della donna, Machiavelli sembra preferire un atteggiamento vigoroso e spavaldo, su modello di papa Giulio II. Non serve dire che tale metafora è improntata a un certo gusto misogino, per cui la donna deve essere controllata in quanto essere capriccioso e imprevedibile.
Con questa sintesi sul capitolo XXV del Principe, avete arricchito le vostre conoscenze su Machiavelli e sicuramente vi potrete preparare nel migliore dei modi in vista di compiti e interrogazioni.