Analisi e commento della poesia A Silvia di Leopardi: spiegazione del componimento in un riassunto semplice e chiaro per interrogazioni e compiti in classe
Oggi ci occuperemo di proporvi analisi e commento della poesia A Silvia di Leopardi e cercheremo di fornirvi una spiegazione semplice e chiara oltre che di immediato uso, soffermandoci soprattutto sui temi rintracciati nella lirica. A Silvia - partiamo dagli elementi basilari da conoscere - è una canzone di sei strofe, scritta tra il 19 e il 20 aprile del 1828 da Leopardi nel suo soggiorno presso Pisa: si tratta di uno dei suoi componenti principali e ruota principalmente attorno alla figura di Silvia, anche se quest'ultima non esaurisce la casistica dei temi affrontati da Leopardi. Veniamo subito al dunque, rispondendo a un interrogativo: chi è Silvia?
Si è generalmente concordi nell'identificare la protagonista della lirica con Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di villa Leopardi a Recanati, di cui il poeta era innamorato nella sua difficile giovinezza. La poverina muore nel 1827 per tubercolosi a soli ventisette anni e il poeta, nel celebrarla, la trasfigura nell'eroina dell'Aminta del Tasso Silvia, simbolo della grazia fanciullesca stroncata da una prematura morte. Una parte della critica però dissente da questa identificazione, e propone invece il nome di Maria Belardinelli, una filatrice che ha abitato vicino al poeta e che ha condiviso la stessa triste sorte di Teresa. Le circostanze in cui è stata composta la poesia sono comunque chiare: trattasi di un'elegia per una ragazza che è stata abbandonata troppo precocemente dalla vita, nonché di un atipico e commosso pianto funebre.
Non bisogna tuttavia pensare ad un componimento di occasione - come può esserlo un A Luigia Pallavicini caduta dal cavallo di Foscolo – dal momento che Leopardi compie un'operazione culturale ben più raffinata di uno sterile omaggio lirico alla vita e alla morte di un personaggio storico: il poeta prende spunto dalla contingenza per poter dare fiato alla sua voce tormentata e alla sua ideologia, foriera di una visione cosmica impregnata di pessimismo. Senza contare che, sia che si tratti di Teresa sia che si tratti di Maria, il dedicatario della poesia è un personaggio di umile estrazione sociale e lontano da quella mondanità che apprezzava una certa ossequiosa cerimoniosità , Leopardi dimostra di avere come unico fine poetico quello di rielaborare un lutto sentito ancora vivo, cercando una spiegazione al dolore della perdita che sia in linea con la sua visione antropologica profondamente pessimista (fresca fresca di teorizzazione).
Il pessimismo di Leopardi in A Silvia: spiegazione della poesia
La spiegazione di A Silvia non può che continuare con un cenno al pessimismo cosmico di Leopardi, su cui trovate un approfondimento dettagliato qui. All'altezza della lirica A Silvia il pessimismo di Leopardi ha raggiunto la vetta più alta e minacciosa, la terza fase in un'escalation di disillusione e rammarico. Per comodità ricordiamo le prime due fasi e ci soffermiamo su quest'ultima:
- Pessimismo storico: l'idea che tutto è permeato di tristezza, soprusi e crudeltà si spalma sull'asse storico. Riprendendo le idee di Rousseau sul buon selvaggio Leopardi, con l'usuale naiveté di un romantico, teorizza che l'uomo è stato felice nei primissimi momenti della sua storia, quando ancora viveva a stretto contatto con la natura (che è quindi figura positiva, materna) ma con l'avvento della civiltà ha imparato a conoscere la malizia, l'invidia e quindi l'insoddisfazione. Un'immagine particolarmente felice, evocata in un suo componimento, è quella di un gregge di pecore, sdraiate e satolle, che non conoscono i tormenti dell'uomo e vivono la loro giornata in un'inconsapevole serenità : beata ignoranza, insomma!
- Pessimismo psicologico: tirando le fila di un discorso già impostato ad arte da Pascal - e talora ricamandoci sopra -, Leopardi ritiene ora che l'uomo si trova in una schi**sa medietà ontologica e gnoseologica: troppo intelligente per vivere spensierato, troppo poco per conoscere il vero senso dell'esistenza. Incastrato in questa angustia psicologica, si arrabatta quotidianamente per ottenere un po' di quella felicità che tanto desidera e che ha la sensazione di non riuscire mai ad afferrare: anche all'apice del piacere egli non sa riconoscerlo né goderselo perché intento a colmare un vuoto incolmabile. Una situazione ben più grave di quella descritta nel primo punto, perché qui l'infelicità non è circostanziata ad un momento storico o biologico ma è un chiodo fisso dell'esistenza umana.
- Pessimismo cosmico: la Natura da madre si fa matrigna, da amica consolatrice si fa aguzzina e canzonatrice: in lei Leopardi riconosce finalmente l'origine di tutte le prevaricazioni storiche, del costante bullismo a cui viene sottoposto ogni essere vivente. Tutta intenta a perpetuare un'insensato e insensibile ciclo vitale (creazione, distruzione, trasformazione della materia), la Natura non si curerebbe affatto delle sofferenze dell'individuo, anzi; per attuare il suo disegno non si fa scrupolo di innestare un germoglio di felicità in ognuno degli uomini affinché questi, perseguendo il loro egoistico soddisfacimento dei desideri, mantengano in costante equilibrio l'ecosistema: nulla le importa che tale appetito rimarrà inappagato, frustrato, mortificato. Il piacere è uno specchio per le allodole, attaccato al cielo in un punto troppo alto da raggiungere; troppo alto persino per Silvia: all'apparir del vero - quando cioè le illusioni infantili della ragazza si scontrarono con la cruda realtà - tu misera cadesti.
Ma proseguiamo con analisi, commento e riassunto di A Silvia di Giacomo Leopardi.
La storia d'amore in A Silvia: analisi e commento
A Silvia non è solamente una riflessione teorica profondissima; è anche, e soprattutto, uno dei più autentici esempi di poesia lirico-sentimentale. Il sentimento amoroso tratteggiato da Leopardi - che secondo i critici più cinici non avrebbe riscontri con la realtà biografica – appare agli occhi del lettore come purissimo e concreto, lungi dall'essere una mera costruzione retorica o topos letterario; l'afflato poetico, d'altro canto, è genuino e inspirato. In queste sei strofe perfettamente cesellate è contenuta una storia d'amore senza eguali, rivissuta a tappe (gli amorosi incontri, reali e immaginati) e filtrata dall'onnipresente occhio del poeta. Nella seconda strofa, per esempio, è rievocata l'idilliaca scena del canto della fanciulla, un canto ininterrotto che riecheggia nelle stanze della villa Leopardi, pieno di speranze sul futuro. Nella terza strofa fa da contrappunto tematico e melodico la reazione impetuosa del giovane che abbandona carta e penna e accorre alla finestra per udirla. Quanto felice e leggiadra appariva allora la vita!
Ma poi, nella quinta strofa, la malattia giunge inattesa e fulminea, come quelle quattro note picchiate sul pianoforte da un drammatico Beethoven, portando dietro di sé, a mo' di codazzo, morte e disperazione. Ed è a questo punto che i toni lirici si fanno sapientemente più scuri e gravi e la poesia può ripiegarsi su sé stessa fino a scomparire, lasciandosi dietro un alone poetico dalle tinte fosche, proprio di fronte ad un lettore, a ben dire, spiazzato.
Questa era la nostra proposta di analisi, commento e riassunto per una spiegazione - si spera completa - della canzone leopardiana A Silvia: studiatela bene e sicuramente farete un figurone all'interrogazione o nei vari compiti in classe!